Da quando faccio ricerca, e sono molti anni, non mi sono mai imbattuta in un testo così ricco e così ben documentato, che facesse finalmente luce su uno dei tanti enigmi del passato. La prima domanda che sorge spontanea e di cui si cerca avidamente un risposta è: le Amazzoni sono esistite realmente? Per molto tempo studiosi e studiose di tutto il mondo ci hanno raccontato che sono una leggenda, per lo più nata per gratificare l’eco virile dei Greci, o per destare sconcerto tra le donne greche, mantenendole sulla retta via. Oggi, in questa nuova era che sta mettendo al centro la riscoperta della componente femminile nella storia, non desta più lo stesso stupore apprendere che forse quella narrazione, che relegava le donne guerriere nell’ambito del mito, non è del tutto corretta, e recenti studi lo confermano. Il libro, che ha come sottotitolo: “Vita e leggende delle donne guerriere nel mondo antico”, apre gli orizzonti a nuovi campi di ricerca, e differenti strade rispetto a ciò che abbiamo sempre considerato fino ad adesso. Con oltre cinquecento pagine Adrienne Mayor, specializzata in storia antica e flocloristica classica, organizza con mirabile sapienza tutte le informazioni, i ritrovamenti archeologici e le fonti sulle Amazzoni, aggiungendo i suoi studi e le sue riflessioni rispetto a una questione tutt’altro che scontata. Alla domanda fondamentale sulle origini storiche di questa tipologia di donne, l’autrice dedica gran parte del testo e sfido chiunque, dotato di buon senso e non chiuso all’interno di una assurda gabbia ideologica, a non prendere in considerazione le istanze, plausibili e concrete, come punto di partenza per una più che mai necessaria rivalutazione del tema.
Il significato autentico del nome amazon è incerto, anche se è chiaro che in origine non fosse una parola greca e non avesse niente a che fare con i seni. Come nota la studiosa Josine Block, il significato fittizio che rimase attaccato come una colla all’etnonimo non greco amazon “mostra come i greci usassero il linguaggio per riempire i vuoti lasciati dai racconti sulle Amazzoni”. Il nome ellenizzato amazones potrebbe avere molteplici origini all’interno delle lingue euroasiatiche. Una teoria moderna propone che derivi dall’antico iraniano ha-mazon, “guerrieri”. Un indoeuropeista suggerisce invece che la parola indichi “senza mariti”. Un’altra potenziale origine risiede nel nome circasso a-mez-a-ne, “Madre della foresta “o della luna)”. Amezan era il nome dell’eroica regina guerriera delle saghe dei Nart, tradizioni orali della regione del Caucaso che combinano antichi miti indoeuropei con il folclore caucasico. Ancora, un altro studioso suggerisce la forma ama-zoinas, “che indossano cinture (da guerra).
Qualunque sia l’origine o le origini della parola, questa, nelle sue diverse forme, a quanto pare entrò nella lungua greca attraverso le colonie mercantili del mar Nero, dove si parlavano lingue caucasiche, iraniane e indoeuropee antiche. Qui vennero narrate le prime storie sulle eroiche donne guerriere della Scizia. Tutto ciò combacia con le informazioni in nostro possesso: grazie alle tradizioni orali, le donne guerriere appaiono per la prima volta nell’arte greca nell’VIII secolo a. C., e la prima menzione di amazones nella letteratura greca risale all’Iliade.
Il testo, oltre che citare le molte fonti autorevoli del mondo antico e mostrare le molteplici opere d’arte in cui le Amazzoni sono state immortalate, ci mette al corrente che altre culture e differenti territori avevano nelle loro tradizioni racconti legati alle donne guerriere, con funzioni e destini diversi rispetto alla cultura greca. Persia, Egitto, Africa del Nord, Cina e Arabia hanno le loro eroine, protagoniste di avventure e di battaglie, descritte non come appendice dell’uomo, e nemmeno come inevitabilmente perdenti di fronte alla mascolinità dell’eroe di turno. Sono figure attive all’interno della storia: decidono, combattono, regnano e poi vincono.
Quando un argomento passato in sordina per anni viene ripreso a gran voce merita risonanza e rispetto. Sebbene questo studio sia stato pubblicato per la prima volta nel 2014, e nella versione italiana nel 2017, è un contributo essenziale nell’abbattimento di certi muri di cui, ahimé, la storia è piena. Il libro non va solo letto e metabolizzato con l’intento di svelare un vero e proprio mistero archeologico, e non è un appello esclusivo alle donne (come molti cercano di far passare), è una lettura che non ammette distinzioni di genere, e non deve passare inosservato. La ricerca va avanti se ascoltiamo tutte quelle argomentazioni valide che utilizzano un approccio autentico e dedito a scoprire la realtà, anche se dovesse sconfessare la tradizionale vulgata comune.
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