Al di là della copertina e di un titolo non proprio accattivanti (non me ne voglia la casa editrice “elliot”), quasi da sembrare un boicottaggio, il libro di Rosalind Miles è uno studio cronologico approfondito della condizione sociale della donna attraverso il tempo e lo spazio e il risultato è davvero sorprendente. Partendo dalle origini fino ai giorni nostri, l’autrice ci pone di fronte a un accurato viaggio con al centro il pervertimento del ruolo della donna nella società, sia da un punto di vista culturale che simbolico, da genitrice primigenia, amata e venerata per le sue caratteristiche
legate alla maternità e alla sua indole pacifica, fino alla sottomissione da parte del patriarcato indotto dagli uomini, passando per alcuni avvenimenti storici fondamentali che ancora, anche nella modernità, sembrano impossibili da superare. Un libro corposo e illuminante che la Miles scrive con uno stile graffiante e a tratti con una ironia pungente, l’ironia di chi sa che tutto questo è profondamente sbagliato.
Forse solo una visione storica donna-centrica può affrontare il paradosso fondamentale della nostra epoca, cioè che in passato le donne erano più libere di oggi. Le donne preistoriche cacciavano e circolavano a loro piacimento, girovagavano dove volevano e giacevano liberamente con chi sceglievano. Creavano oggetti di terraglia, costruivano utensili e dipingevano le caverne, piantavano e tessevano, ballavano e cantavano. La loro attività di raccoglitrici era di vitale importanza per la tribù e nessun uomo controllava o limitava il loro agire. Nelle società “avanzate”, il dominio del maschio è stato studiato in ogni minimo dettaglio e costantemente ribadito con tutta una serie di motivazioni religiose, biologiche, “scientifiche”, psicologiche ed economiche per giustificare l’inferiorità delle donne rispetto agli uomini. Cosicché gli storici trovano ridicola l’impennata di neo-darwinismo che ha fatto presa sull’immaginario collettivo alla fine del XX secolo. Si è fatto uso della genetica per giustificare tutto, dai dongiovanni compulsivi ai maschi aggressivi, mentre la leggenda dello scarso livello della pulsione sessuale delle donne continua indisturbato. Però, se fosse vero, perché tutte le società hanno sentito la necessità di un imponente apparato di controlli e punizioni per sorvegliare la sessualità delle proprie moglie e figlie? In realtà, affermare candidamente che gli uomini sono “programmati” per spargere il proprio seme mentre le donne non desiderano altro che un uomo che le protegga , non è che la solita vetusta argomentazione a favore della supremazia maschile. I tradizionali argomenti a difesa della superiorità maschile si sono dimostrati decisamente resistenti nel tempo e alle donne, ritenute biologicamente programmate per una situazione di inferiorità, continua a essere negato il diritto umano a una completa autodeterminazione.
Il testo è suddiviso in più sezioni e in ogni parte viene analizzato un preciso periodo storico nelle sue trasformazioni culturali, segnalando anche donne che per via delle loro azioni sono state decisive oppure hanno combattuto contro questa ingiustizia perpetrata nel tempo. Quello che più colpisce da questa lettura, potendo prendere coscienza del quadro generale delle cose, di come questa macchinazione sia stata indotta con una efficacia inquietante, tanto che molte donne hanno pensato corrispondesse alla verità.
“…Ogni volta che trovo un accenno a una strega buttata nel fiume, a una donna in balia degli spiriti, a un’altra che fa l’erborista, perfino all’esistenza di una madre di qualche uomo notevole, mi sembra di essere sulle tracce di un romanziere mancato, di una poetessa costretta a tacere, di una qualche muta Jane Austen senza gloria, di qualche Emily Bronte che si sarà bruciata il cervello tra le brughiere, oppure se ne sarà andata gemendo per le strade, impazzita dalla tortura del proprio talento… E a dire il vero mi arrischierei a sostenere che Anonimo, che tante poesie ha scritto senza mai firmarle, spesso era una donna.”
Virginia Woolf, “Una stanza tutta per sé”
E’ un libro corposo, intenso, un’epopea al femminile che vuole essere un incoraggiamento per quelle donne che si sono rassegnate al dominio del maschio/padre e un monito per gli uomini che si ostinano ancora a non vedere come stanno realmente le cose. Una lettura che abbraccia entrambi i generi ma con intenti diversi, importanti allo stesso modo. Peccato questo testo sia per lo più sconosciuto e non abbia avuto il risalto che merita.