Romanzi storici, saggi sulla storia delle donne, romanzi attesi e grandi ritorni, questo febbraio è denso di novità e di libri molto attesi. Quale titolo accenderà la vostra curiosità? Difficile dirlo, perché anche per questo mese la selezione di cosa mostrarvi non è stata facile! BUONA LETTURA!
Con passione e un autentico talento nel ricreare le atmosfere di un periodo affascinante della nostra Storia, l’autrice dà vita a due protagoniste indimenticabili, Nina e Margherita, due donne agli estremi opposti della scala sociale unite dalla stessa determinazione a non farsi ingabbiare dalle regole di corte, due donne diversissime che avranno il coraggio di battersi per forgiare il proprio destino.
Nel giugno del 1868, quando per la prima volta entra nella Villa Reale di Monza, Nina è una ragazza travolta dagli eventi. Lei, una semplice sguattera, dovrà occuparsi della camera della principessa Margherita, da pochi mesi moglie dell’erede al trono d’Italia. Per Nina non è un sogno, bensì un incubo, perché presto si rende conto di essere uno strumento nelle mani altrui, una pedina in un labirinto d’intrighi. L’incontro con un anziano maggiordomo di Casa Savoia, però, le cambia la vita. Nina imparerà a leggere e a scrivere, studierà, troverà l’amore e, nel corso degli anni, la sua strada si affiancherà a quella della donna più ammirata d’Italia, la regina Margherita. Fino al giorno in cui dovrà fare una scelta difficilissima…Nel giugno del 1868, quando per la prima volta fa il suo ingresso nella Villa Reale di Monza, a Margherita sembra di vivere in un tempo sospeso. La sua intera esistenza è stata dedicata a prepararsi per quel ruolo, essere la degna e impeccabile consorte di un principe di sangue reale. Ma per suo marito Umberto è come se lei non esistesse. Il matrimonio è una finzione, il suo unico compito è procreare un erede maschio e poi scomparire all’ombra di Umberto. Eppure Margherita non ha intenzione di sacrificarsi in nome della Corona. E così sarà lei a conquistare l’amore del popolo, sarà lei ad affascinare la riottosa aristocrazia romana, sarà lei a diventare un’icona del suo tempo: la Prima Regina d’Italia. Fino a quel fatidico giorno del luglio 1900, quando tutto il suo mondo sarà stravolto in un solo attimo…
Una storia appassionante che si muove alla velocità della luce dalle coste della Cornovaglia all’incantevole Corsica, per concludersi con un finale mozzafiato sulla porta del nr. 10 di Downing Street.
Provetto restauratore e spia leggendaria, Gabriel Allon è a Londra per partecipare a un ricevimento alla Courtauld Gallery in onore del ritrovamento di un autoritratto rubato di Vincent van Gogh. Ma quando un amico del Devon e la polizia della Cornovaglia chiedono il suo aiuto per risolvere uno sconcertante caso di omicidio, si ritrova suo malgrado a dare la caccia a un nuovo avversario, potente e pericolosissimo. La vittima è Charlotte Blake, una professoressa di Storia dell’arte di Oxford. L’omicidio sembra opera di un serial killer che da tempo terrorizza le campagne della Cornovaglia, ma ci sono parecchie cose che non tornano, prime fra tutte un cellulare che non si trova e delle misteriose lettere che la donna ha lasciato scritte su un bloc-notes nel suo studio… Gabriel scopre ben presto che la professoressa Blake era sulle tracce di un Picasso rubato di valore inestimabile, così si mette alla ricerca del quadro come solo lui può fare: armato di sei tele impressioniste dipinte di suo pugno e affiancato da un team di collaboratori che comprende una violinista di fama mondiale, una bellissima e inafferrabile ladra e un letale sicario che è diventato un agente segreto britannico.
Dall’autore di Spatriati, Premio Strega 2022.
I segreti e i silenzi avvolgono i protagonisti di questa storia come il malbianco infesta il tronco degli alberi. Tra i Petrovici, infatti, ci sono da sempre più fili nascosti che verità condivise. Ma le domande del figlio che si è smarrito, e per questo si volta a guardare le proprie orme, diradano via via le nebbie di una memoria famigliare lacunosa e riluttante. Se «di certi fantasmi ci si libera soltanto raccontandoli», prima di tutto bisogna conoscere il passato da cui proveniamo.
Dai boschi di Taranto al gelo dei campi di prigionia tedeschi, Mario Desiati torna con un grande romanzo che indaga il rapporto tra l’individuo e le sue radici, il trauma e la vergogna, interrogando con coraggio il rimosso collettivo del nostro Paese.
Marco Petrovici ha quarant’anni e vive a Berlino, quando all’improvviso, un giorno, inizia a svenire. Per scoprire l’origine di questi suoi disturbi e ritrovare un po’ di pace, decide di tornare in Puglia, dai genitori ormai anziani che vivono immersi in un bosco di querce e lecci nella campagna tarantina. Schiacciato dai sensi di colpa per non essere il figlio che Use e Tonia speravano, si ferma nella casa di famiglia per occuparsi di loro, ma allo stesso tempo si convince che le cause del suo malessere vadano cercate nella memoria sepolta di quel loro cognome così strano. A partire da un ricordo d’infanzia dai contorni fumosi – un balordo un po’ troppo famigliare che suona il violino sotto la neve di Taranto –, con l’aiuto di zia Ada, della letteratura e della storiografia, della psicoterapia e di un diario ritrovato non per caso, Marco cura il «malbianco» che opprime la sua famiglia. Facendosi largo tra reticenza e continue omissioni, scopre la vita segreta della bisnonna Addolorata, trovatella e asinaia, e ricostruisce le vicende di nonno Demetrio e di suo fratello Vladimiro, entrambi reduci di guerra, una guerra combattuta e patita in modi molto diversi. Chi sono davvero i Petrovici? Da dove arrivano? E cosa c’entra con loro un’antica ninna nanna yiddish che inconsapevolmente si tramandano da quasi cent’anni? Questa è la parabola di chi rivolge lo sguardo dietro di sé, alle proprie origini più profonde, per vivere il presente e immaginare un futuro libero da quel malbianco che nasconde la vera essenza delle persone. Raccontando la frenesia e i turbamenti di un protagonista consumato dalla storia che si porta addosso, Mario Desiati ci consegna il suo romanzo più lirico, inquieto, ambizioso e maturo.
Mai prima, e spero mai più, avevo sentito quella furia gonfia e ribollente nel mio cuore.
Battaglie e rivoluzioni, scambi di identità, rapimenti, eroici sacrifici, amori vietati, sogni premonitori: tutti i topoi della narrativa romantica occupano le trame delle dieci storie qui raccolte, i cui protagonisti sono banditi galantuomini, cavalieri solitari e pellegrini sperduti, ma soprattutto una galleria di personaggi femminili, tra impavide fanciulle e anime sensibili, tratteggiati con estrema finezza. Ambientate in un’Italia percorsa da foschi bagliori di violenza o sulle Alpi svizzere, durante le guerre napoleoniche o nelle corti rinascimentali, mettono in scena i temi più cari all’autrice: la libertà, l’amore, il perdono, la fede, la forza delle donne, il “doppio”, i diritti sociali, il patriottismo.
Una casa diroccata nella golena del Po. Tre ragazzini annoiati, un tentato omicidio. Fin dove si spinge l’odio tra le famiglie di un piccolo paese.
La golena: un luogo senza tempo, una terra fertile tra il Po e l’argine che salva dalle inondazioni, ma che in inverno si trasforma in un luogo di nebbie, misterioso e avvolgente. È nel fienile di una casa semidiroccata di golena che Paolo, dodici anni, viene trovato privo di sensi con una profonda ferita alla testa. Con gli amici era andato a giocare sfidando i proprietari, Luigi Morosini, un uomo violento con un debito verso la giustizia, e la moglie Elvira, che nel paese di Fossanera descrivono come una strega, anche se poi non poche donne vanno da lei di nascosto a farsi fare i tarocchi. Gli altri ragazzi non sanno che cosa sia successo, ma non è difficile puntare il dito contro il Morosini. Certo, è possibile che Paolo avesse visto qualcuno che non doveva vedere proprio lì, dai Morosini, proprio in quel freddo pomeriggio invernale… Paolo è in coma, non si sa se ce la farà, ma intanto il vaso di Pandora dei segreti del paese è stato scoperchiato e mentre la polizia indaga, tallonata da vicino da Pietro Incantevole, giovane cronista della stampa locale, nessuna famiglia si sente più al sicuro…
Nel Medioevo le Vite dei santi erano raccontate e continuamente rielaborate, arricchite ogni volta di dettagli nuovi e diversi, che diedero corpo a un gran numero di varianti della medesima storia. Alcune leggende agiografiche ebbero un’enorme diffusione, paragonabile a quella che oggi hanno i romanzi, o certe biografie romanzate. I cinque testi tradotti in questo volume sono molto diversi tra loro, sia per il registro linguistico sia perché appartengono a epoche differenti; li accomuna il fatto che le protagoniste sono donne e alcune di esse scelgono di travestirsi da monaco. Proprio in ragione di questa diversità possono offrire un quadro, naturalmente parziale, della santità femminile nel Medioevo greco e della varietà di tipologie che la caratterizza. Ecco allora Pelagia, prostituta convertita e poi redenta. Maria ed Eufrosine, entrambe orfane di madre, compiono la scelta di entrare in un monastero maschile travestendosi, l’una per non separarsi dal padre, l’altra per evitare il matrimonio. Teoctista, presa prigioniera dagli Arabi, riesce a sfuggire in modo rocambolesco ai suoi rapitori e diviene eremita su un’isola deserta. L’imperatrice Teodora, l’unico personaggio realmente esistito, si assicura la santità riabilitando il culto delle icone proibito dagli imperatori iconoclasti.
Antesignano della fantascienza apocalittica, sorprendentemente moderno, questo romanzo è un commovente omaggio alle figure di Percy Bysshe Shelley e Lord Byron, uno straziante racconto sulla solitudine.
Romanzo distopico ambientato nel Ventunesimo secolo, L’ultimo uomo narra la storia di Lionel Verney, protagonista e voce narrante, che assiste alla lenta estinzione dell’umanità a causa di una misteriosa e devastante pandemia. Soltanto lui riuscirà a sopravvivere, solo su un pianeta dalla natura più lussureggiante che mai, totalmente indifferente alla fine della specie che credeva di dominare l’universo.
Una storia immortale, un veicolo indimenticabile e un protagonista misterioso e affascinante riempiono di passione e ammirazione i lettori di tutto il mondo”.
Sul fondo dell’oceano fa la sua comparsa una creatura marina più grande di una balena, che terrorizza e sperona navi in tutto il mondo. Inizialmente appare come un isolotto, poi fa affondare barche e flotte che si ritrovano nei suoi paraggi. Così il professor Pierre Aronnax, insieme al suo servitore Conseil e all’esperto fiociniere Ned Land, partecipano alla spedizione per risolvere il mistero. La fregata americana Abraham Lincoln salpa da New York per l’oceano Pacifico alla ricerca del mostro marino, ma la bestia a cui danno la caccia si rivela essere una macchina, il Nautilus, guidata dall’enigmatico e tenebroso capitano Nemo. A bordo di questo sottomarino futuristico inizia una avventura alla scoperta degli abissi, tra gli sprofondati resti di Atlantide, attacchi di calamari giganti e capodogli, per un romanzo che ha avuto grande influenza su intere generazioni. Questa edizione del capolavoro di Jules Verne è impreziosita dalle centoundici illustrazioni degli artisti Riou e de Neuville, poi incise da Hildibrand, pubblicate nel 1871: come ci racconta nella sua prefazione il fumettista Antonio Serra, uno dei padri di Nathan Never e appassionato conoscitore dei mondi di Verne, da quel momento “il mondo cambia per sempre.
Negli ultimi anni si lamenta da più parti un’ignoranza geografica crescente: non si conoscono più le province, le capitali, i nomi dei monti e dei fiumi… è in realtà la punta dell’iceberg di una più profonda e grave «indifferenza al dove» che caratterizza ampi settori della società ed economia contemporanea. Eppure, anche se le ore d’insegnamento della Geografia sono pressoché scomparse dalle scuole superiori, la geografia è ovunque: nei cibi che consumiamo, nei paesaggi del quotidiano, nella geolocalizzazione involontaria di ogni nostro spostamento, nei cambiamenti climatici e nelle complicate rotte dei migranti. Oltre il bagaglio di nozioni scolastiche elementari, la vera sfida è riuscire a recuperare la natura relazionale del nostro rapporto con lo spazio, che può fornire risposta alle istanze di un mondo sempre più interconnesso e al tempo stesso frammentato. Questo libro vuole essere un punto di partenza per un viaggio attorno ai concetti fondativi della geografia, per illuminarne l’evoluzione storica e la complessità semantica. Più che aiutare a memorizzare posizioni degli oggetti nello spazio, intende essere una prima bussola per posizionare se stessi, e orientare verso una cittadinanza più consapevole e responsabile. Questa disciplina affascinante quanto «indisciplinata», dagli orizzonti ampi e dai confini incerti, ci addestra a un pensiero complesso sul mondo, stimolando un senso di appartenenza al nostro pianeta, che è Terra e Mondo, cosmo e focolare, corpo fisico e immaginazione. Avrà raggiunto il suo scopo se riuscirà a unire il dove al perché, a illuminare la relazione invisibile tra le cose eterne e l’effimero, tra una piccola rosa e il vulcano spento.
Come trascorrevano le giornate le donne nell’antica Grecia e a Roma?
Santippe, la moglie di Socrate, udì mai le sue parole dedicate alla bellezza e alla verità? E se le dee dell’Olimpo erano potenti al pari degli dèi, perché tra i mortali la condizione femminile era invece tanto inferiore rispetto a quella maschile? Perché, soprattutto, nella storia ufficiale metà della popolazione risulta di fatto invisibile? In questo saggio dal successo dirompente – uno dei primi studi sulla condizione delle donne, pubblicato nel 1975 e poi aggiornato, tradotto nelle principali lingue europee e adottato nelle università – l’autrice esamina un periodo di millecinquecento anni alla luce delle fonti documentarie e archeologiche, ricostruendo con rigore e obiettività l’esistenza di donne di differenti epoche, dal Medioevo ellenico fino all’età bizantina, di diversi luoghi e di tutte le classi sociali.
Un’avventura vittoriana ed esotica, fra balli e notti d’orrore, misteri e segreti.
«La luce del giorno era svanita quando la vide: un’impronta nel sale, proprio davanti al Capitano. Poi un’altra, che si allontanava. Poi un’altra. Gli occhi del Capitano Bendemeer si aprirono, vuoti, sbarrati. Si alzò. Cominciò a camminare, posando i piedi con cura nelle impronte. Miss Cassidy aspettò che lui arrivasse all’altro capo del filo rosso. Poi si alzò e lo seguì. Il giardino era una nebbia di fiori di frangipane, i petali bianchi e gialli fluttuavano cadendo anche se non c’era aria. Miss Cassidy mantenne lo sguardo fisso sulla schiena del Capitano che avanzava deciso sotto il fogliame. Poi, di colpo, svanì. Miss Cassidy imprecò in una lingua gutturale, antica e magica, avvolse il filo rosso attorno al dito e tirò.»
Singapore, 1895. Leda Cassidy è una vivace governante dai capelli rossi che dalla Scozia approda nel Sudest asiatico per occuparsi di Sarah Jane Bendemeer, pallida adolescente che ha perso quasi tutta la famiglia per via di una misteriosa febbre. Nel giardino dei Bendemeer si dice viva un pontianak, un vampiro femmina assetato di sangue. Ma in tutte le foreste del circondario si annidano demoni e presenze inquietanti. Miss Cassidy non si scompone: non solo perché è la sua natura, ma anche perché con il mondo degli spiriti ha le sue personali, utili connessioni. Quando il ricco vedovo Kay Wing Tong chiede i suoi servigi come istitutrice per le sue gemelle, Miss Cassidy cambia lavoro ed entra in una nuova famiglia che le piace fin troppo. Nuove avventure la attendono prima che possa concedersi il lusso di abbandonarsi ai propri sentimenti… Impetuosa come un fiume, luminosa e inesorabile, Leda Cassidy è un personaggio sorprendente, come lo è questa storia che si dipana tra giungla e salotti, tra folklore e mistero, e si chiude tra i sorrisi.
Saggio e generoso, sovrano capace di riunire alla sua Tavola Rotonda i cavalieri più valorosi; guerriero (quasi) invincibile con la sua spada Excalibur; uccisore di mostri; una vita dedicata alla ricerca del Santo Graal. Tutti quanti conosciamo a grandi linee la leggenda di re Artù e le sue avventure, ma cosa succede se la prendiamo sul serio e proviamo a raccontarla come la biografia di un uomo realmente esistito? Cosa ci racconta del Medioevo questo grande mito?
A partire dal XII secolo le imprese del glorioso re dei Britanni hanno continuamente ispirato le letterature di tutta Europa, facendo diventare Artù, nell’immaginario collettivo, il sovrano medievale per eccellenza. Dal concepimento in Cornovaglia, favorito dalla magia di Merlino, fino alla sua scomparsa sull’isola di Avalon, lo seguiremo nelle stanze del suo palazzo reale e sui campi di battaglia per meglio comprenderne la statura epica e tragica e cercare così di accostarci al vero mistero che lo avvolge: quello, cioè, dell’immutato fascino della sua leggenda, che ancora oggi non cessa di essere fonte di ispirazione per scrittori e registi. Una fortuna costante, che ha effettivamente consacrato Artù ‘re in eterno.
I venti di guerra tornati a minacciare l’Europa e il mondo mettono drammaticamente in discussione l’idea che l’umanità sarebbe stata capace di superare per sempre l’orrore dei grandi conflitti. Nel frattempo, la rivoluzione in atto nelle scienze biologiche e antropologiche sembra modificare definitivamente la conoscenza delle origini e dell’evoluzione della nostra specie, riconoscendo nella guerra un comportamento con profonde radici nella nostra storia naturale. Cadono dunque assieme due idee fondamentali della nostra epoca: che la guerra sia solo una cattiva invenzione culturale e che esistano tendenze storiche oggettive che muovono verso un suo superamento nella storia civile dell’umanità. È un cruciale cambio di paradigma, antropologico-politico, che richiede una riflessione unitaria utile ad affrontare con consapevolezza adeguata le sfide politiche e intellettuali che abbiamo davanti.
Salante Fossi, inviato del Modern Times, si trova a Skagen durante il solstizio d’estate, per festeggiare il compleanno del Vecchio Cibernetico e, molto probabilmente, la sua vittoria al Nobel. Il Vecchio Cibernetico ha quasi cent’anni, è nato in Ungheria, è fuggito da Budapest con una donna mentre i carri armati sovietici invadevano la città, ha vissuto e studiato in tutta Europa e, da qualche anno, si è stabilito in Portogallo. Va in giro con la custodia di una Olivetti Lettera 22 per ricordarsi che, dopo anni passati sulle macchine da scrivere e sulle macchine calcolatrici, su vocabolari in ogni lingua, ha inventato Qwerty. Qwerty è la rivoluzione. Non c’è intelligenza artificiale che sia all’altezza di Qwerty. Non c’è cosa che Qwerty non possa fare, anche se nessuno sa che forma abbia, né cosa sia. Salante Fossi non riesce a ottenere niente dal Vecchio Cibernetico, che alle sue domande non risponde, e anzi divaga tra la memoria e i sogni che lo inseguono da una vita, come fantasmi. Ascoltando le sue parole e i silenzi, scoprirà che alcune presenze sono tali anche senza i corpi, che la memoria è un sentimento, che la storia delle macchine in Europa e nel mondo è passata da Ivrea, dall’immaginazione di Adriano Olivetti, che si possono avere molte identità, ma un solo fine, e che Qwerty ha bisogno degli esseri umani così come gli esseri umani hanno bisogno di Qwerty. Una favola cibernetica avvincente e tenera, scritta con una lingua ilare e trasognata. Una storia d’amore, anzi due.
Quando il biologo Bill Masen si sveglia in un letto d’ospedale con gli occhi bendati, lo attende un’amara sorpresa. Si toglie le fasciature e si rende conto di essere l’unica persona rimasta in grado di vedere: tutti gli altri sono stati abbagliati fino alla cecità da una pioggia di meteoriti. Si sveglia così, in una Londra ammutolita, irriconoscibile, controllata da piante velenose e carnivore, anche in grado di muoversi: i trifidi. Gli stessi trifidi che Bill Masen conosce meglio di chiunque altro, dopo averli studiati per una vita. L’incipit folgorante non è che l’assaggio di una storia che si snoda perturbante fino all’ultima pagina, perché «nemmeno la minaccia aliena è aliena davvero», come scrive Fabio Genovesi nella prefazione, ma è accanto a noi, parte del nostro quotidiano. Pubblicato per la prima volta nel 1951, Il giorno dei trifidi diventa un successo planetario, e verrà riconosciuto tra le opere fondative della fantascienza nella sua epoca d’oro. Indagare l’alieno nell’umano, analizzare l’estraneo nel familiare è la chiave di Wyndham per esorcizzare le angosce del suo tempo, dalla Guerra Fredda alla sperimentazione biologica. Storia, presente e umano si intrecciano in un amalgama indissolubile, in cui il confine tra realtà e immaginazione è sempre più sfocato. Il giorno dei trifidi nutre timori terreni come radici gigantesche che si propagano implacabili fino a noi, simbolo dell’arroganza umana nella sua forma più inestirpabile. D’altronde, conclude Genovesi, «la più grande fantascienza è la realtà».
Libro vincitore del Booker Prize 2024
Orbital è un’elegia alla bellezza dell’universo e del nostro pianeta, una fotografia nitida e luminosa delle relazioni tra esseri umani in cerca di salvezza.
«Elegante ed essenziale, questo romanzo è una lettura che fa riflettere.» – Kirkus Review
Sei astronauti viaggiano in orbita attorno alla terra, nell’ultima missione da compiere a bordo della stazione spaziale prima che venga smantellata. Vengono dall’America, dalla Russia, dall’Italia, dalla Gran Bretagna e dal Giappone, e hanno lasciato le loro vite dietro di sé per osservare la terra muoversi sotto di loro. Li vediamo nei brevi momenti di intimità in cui ricevono notizie da casa, contemplano le loro foto, preparano pasti disidratati, dormono a mezz’aria in assenza di gravità. E soprattutto, siamo con loro mentre studiano il silenzioso pianeta blu, su cui scorre intensa la vita da cui sono esclusi.
Nella Ferrara del Seicento si aggira un assassino di donne che sembra spostarsi tra il mondo onirico e la realtà, lasciando dietro di sé solo un profumo di fiori. Per fermarlo ci vuole qualcuno che non sia facile preda della suggestione e dell’inganno. Qualcuno in possesso di una razionalità ferrea.
L’orgoglio intellettuale ha sempre procurato problemi a fra’ Girolamo Svampa, fin dai tempi in cui viveva a Roma. E le cose non sono migliorate nell’ex capitale estense, dove da poco è stato nominato inquisitore generale. Il suo carattere scontroso, incapace di empatia, non accenna a addolcirsi nemmeno davanti alla richiesta d’aiuto di una giovane aristocratica, che giura di essere stata posseduta carnalmente da un incubus. Liquidare la ragazza senza troppi riguardi si rivela però un grave errore. Proprio mentre i suoi nemici ordiscono contro di lui trame ogni volta più pericolose, lo Svampa deve far fronte a delitti che paiono legati a cause sovrannaturali. Ad affrontare insieme a lui queste acque inquiete ci sono la splendida Margherita Basile, amante, artista, spia, Cagnolo Alfieri, coraggioso uomo d’armi, e padre Francesco Capiferro, confratello dalla prodigiosa cultura. Anche se nemmeno degli amici bisogna mai fidarsi troppo.
Oltre al romanzo A Master of Djinn, il volume contiene il racconto lungo The Haunting of Tram Car 015, ambientato nello stesso mondo.
Il Cairo, 1912. Fatma el-Sha’arawi è l’investigatrice più giovane del Ministero Egiziano dell’Alchimia, Incantesimi & Entità Soprannaturali, ma non è di certo una novellina. Così, quando i membri della Fratellanza Ermetica di Al-Jahiz muoiono divorati da fiamme paranormali, Fatma viene incaricata di occuparsi del caso e trovare il responsabile. L’assassino sostiene di essere al-Jahiz in persona, il grande mistico e alchimista che, quarant’anni prima, ha squarciato il velo tra il regno magico e il mondo in cui viviamo, cambiando per sempre il destino dell’umanità, per poi sparire nel nulla. Ora, in un Egitto alternativo, culla di una nuova modernità, in cui convivono umani, jinn, angeli e creature misteriose, in cui gli antichi dèi vengono venerati in segreto e dirigibili solcano i cieli delle grandi città, il sedicente al-Jahiz sta facendo ricorso a pericolose arti magiche per fomentare il popolo e seminare caos e distruzione tra le strade del Cairo, e ben oltre. Per riportare la pace, Fatma deve svelare la vera identità dell’impostore. E se invece il criminale fosse davvero chi dice di essere?
Una leggenda riecheggia tra le montagne e le tinge di sangue.
Un autore da oltre un milione di copie.
Una leggenda che si scaglia come una maledizione e delle strane morti che potrebbero celare una mano diversa da quella umana.
«Una verve narrativa straordinaria. Strukul è nato sapendo scrivere.» – Giuseppe Scaraffia
Gennaio 1995. A Rauch, minuscolo paese della Val Ghiaccia, gola sperduta in una delle più remote lande delle Alpi Venete, quasi al confine con il Friuli, viene ritrovato il cadavere della giovane insegnante Nicla Rossi. Il volto, escoriato, è stato privato degli occhi, come se qualcuno glieli avesse strappati. La polizia di Belluno incarica l’ispettrice Zoe Tormen e il medico legale Alvise Stella di recarsi sul luogo, poiché le dinamiche dell’omicidio fanno pensare a un potenziale serial killer. I due non potrebbero essere più diversi: Zoe ha trent’anni, è figlia della montagna e sembra uscita dalla copertina di un disco di musica grunge; Alvise, invece, è un uomo di città, ama i completi, la musica classica e gli scacchi. Anche se i loro mondi sembrano destinati a collidere, dovranno unire le forze, perché nella morte di Nicla niente è come sembra. A Rauch si annida un male profondo che neanche la neve è riuscita a spazzare via; un male che affonda le sue radici nella sete di giustizia e in un’antica leggenda. Il passato è diventato presente e forse non è un caso che proprio Zoe sia giunta a Rauch…
Pax è un invito a esplorare l’Impero nel suo massimo splendore e nella sua inesorabile ferocia, illuminando un’epoca che continua a ispirare e affascinare.
La Pax romana è stata a lungo celebrata come l’età dell’oro di Roma. L’impero allora si estendeva dalla Scozia all’Arabia ed era lo stato «più ricco, formidabile e terrificante che fosse mai esistito». Prendendo in esame il periodo che va dal 69 d.C., quando quattro Cesari si avvicendarono in rapida successione al potere, fino alla morte di Adriano, settant’anni più tardi, lo storico britannico Tom Holland traccia un ritratto straordinario dell’Impero romano al culmine della sua grandezza e in tutta la sua gloria predatoria. Perché, per quanto la pace regnasse ovunque, nessuno ebbe mai dubbi su ciò su cui si fondava: «la pace era il frutto della vittoria – della vittoria eterna», ottenuta con l’esercizio di una violenza militare senza precedenti. Evocando un tempo in cui il mito andava fianco a fianco con la realtà e la predizione di un aruspice designava la sconfitta o la buona riuscita di una battaglia, Holland ci porta con sé nell’Urbe e oltre, nelle terre dei barbari, dalla Britannia alle rive del Danubio, dalla Giudea al Golfo Persico. Attraverso un sapiente intreccio di testimonianze storiche, colore e leggenda, ripercorre episodi tanto gloriosi e drammatici che la loro fama perdura ancora oggi: dall’assedio e la distruzione di Gerusalemme all’eruzione del Vesuvio che distrusse Ercolano e Pompei, dall’inaugurazione del Colosseo alle conquiste di Traiano. E ne mette in luce i protagonisti: imperatori, nobili e intellettuali, schiavi e soldati, falsi profeti e veri ribelli. Dalle strade della capitale ai regni oltre frontiera, Holland cattura la maestosità e le contraddizioni di un impero che fece ripetutamente sfoggio «della sua invincibilità, tanto che persino i suoi nemici arrivarono a credere che non avrebbe mai potuto essere sconfitto», guidando il lettore in una ricostruzione storica da cui emergono gli ingredienti di quella che, agli occhi futuri, sarebbe diventata l’idea di «romanità».
Kosara sa che non è semplice sopravvivere ai mostri che invadono Chernograd allo scoccare della mezzanotte di ogni primo dell’anno, durante i maledetti Foul Days, ma lei è una strega potente ed è in grado di tenere testa a licantropi e spiriti. C’è un solo mostro di cui ha paura, il suo ex, lo Zmey, conosciuto come lo Zar dei Mostri. Lo ha sfidato una volta di troppo e ora lui le dà la caccia. Per sfuggirgli rinuncia alla sua ombra e alla sua magia, scambiandole per un passaggio illegale al di là del Muro, così da cercare riparo a Belograd, dove i mostri non possono raggiungerla. Peccato che per una strega perdere l’ombra equivalga a una morte lenta e inesorabile. Ecco perché, aiutata da Asen, un detective affascinante e con un oscuro segreto per cui prova una crescente attrazione, Kosara deve recuperare la sua magia, ora nelle mani dello Zar dei Mostri. Il tempo scorre, la caccia è aperta: Kosara è la cacciatrice o la preda? E di chi può fidarsi perché la aiuti a sconfiggere l’uomo, il Mostro, da cui non è mai riuscita a sfuggire?
Sono ormai passati «i tempi romantici della cosmonautica»: gli uomini hanno colonizzato il sistema solare, stabilito insediamenti su Marte e sulla Luna, e si stanno avventurando oltre. I viaggi spaziali non sono più un evento eroico, ma una questione di routine, con regolari collegamenti commerciali tra pianeti e spedizioni turistiche tra la Terra e il suo satellite. A renderli possibili, uomini come il pilota Pirx, protagonista dei dieci racconti di questa raccolta. Lo seguiamo da quando è cadetto alla scuola di volo fino a quando diventa capitano di una sua nave: disincantato, solidamente piantato “con i piedi per terra”, Pirx affronta epidemie, robot impazziti, crociere di lusso e richieste di soccorso tra le stelle, senza mai perdere la sua baldanza, la sua ironia, e soprattutto quello sguardo curioso verso il mondo, e i mondi, che da sempre spinge la specie umana a esplorare l’ignoto.
«La paura finisce dove comincia la verità». Maria Cristina Palma ha una vita all’apparenza perfetta, è bella, ricca, famosa, il mondo gira intorno a lei. Poi, un giorno, riceve sul cellulare un video che cambia tutto. Nel suo passato c’è un segreto con cui non ha fatto i conti. Come un moderno alienista Niccolò Ammaniti disseziona la mente di una donna, ne esplora le paure, le ossessioni, i desideri inconfessabili in un romanzo che unisce spericolata fantasia, realismo psicologico, senso del tragico e incanto del paradosso.
Riusciranno le nostre Regine a dare un volto all’assassino e a salvare il segreto di Dorothy? Cinque talentuose scrittrici e un mistero da risolvere che sembra venuto fuori dalle pagine dei loro romanzi.
«Marie Benedict porta i suoi formidabili talenti a un nuovo livello in questo romanzo… Suspense
mozzafiato e amicizia femminile creano una combinazione inebriante in questo libro meraviglioso, che terrà gli appassionati sia di narrativa storica che di thriller divisi tra il voler scorrere le pagine e il voler assaporare ogni parola.» – Pam Jenoff
Londra, 1930. Le cinque più grandi scrittrici di gialli si sono unite per formare una società segreta con un unico obiettivo: dimostrare di non essere seconde a nessuno dei loro colleghi maschi nel leggendario Detection Club. Guidato dalla formidabile Dorothy L. Sayers, il gruppo include Agatha Christie, Ngaio Marsh, Margery Allingham e la baronessa Emma Orczy. Si fanno chiamare le Regine del Giallo. Il loro piano? Risolvere un vero caso, quello della morte di May Daniels, una giovane donna inglese trovata strangolata in un parco in Francia. Determinate a far luce sull’omicidio ormai su tutti i giornali, le Regine del Giallo intraprendono la loro indagine, scoprendo che l’unione fa la forza. Ma presto l’assassino prende di mira Dorothy Sayers, minacciando di rivelare un oscuro segreto del suo passato che lei ha sempre fatto di tutto per tenere privato. Riusciranno le nostre Regine a dare un volto all’assassino e a salvare il segreto di Dorothy? Cinque talentuose scrittrici e un mistero da risolvere che sembra venuto fuori dalle pagine dei loro romanzi.
Max Leonard traccia in queste pagine una storia culturale, naturale ma soprattutto umana. Sulla scia dei grandi scrittori di natura, intreccia i racconti delle esplorazioni avventurose dei primi pionieri della montagna, quelli delle spedizioni scientifiche e quelli delle opere d’arte e letterarie, accompagnando il lettore in un meraviglioso viaggio nello spazio e nel tempo.
Il ghiaccio è tanto solido quanto sfuggente, può tramutare in polvere una montagna e affondare la più grande nave mai costruita dall’uomo, eppure basta che la temperatura della Terra si alzi ancora di qualche grado per farlo sparire per sempre dal mondo naturale. Max Leonard ci racconta la storia della civiltà attraverso un punto di vista che rischiamo di non poter più conoscere; un appassionato canto d’amore per quanto stiamo perdendo in questi tempi di stravolgimenti climatici: il freddo. Quand’è l’ultima volta che avete visto davvero del ghiaccio? Ormai di rado lo possiamo osservare nella gran parte delle nostre città, durante inverni sempre più caldi. Mentre dappertutto i ghiacciai stanno letteralmente scomparendo: esempio plastico e drammatico del cambiamento climatico. E il «semplice» cubetto che mettiamo in una bibita non lo notiamo neanche, lo diamo così per scontato da diventare invisibile; invisibile come il costo energetico che ha produrlo e conservarlo. Ma non c’è nulla di scontato nel ghiaccio: è anzi un elemento che definisce la civiltà umana tanto quanto il fuoco. Una sostanza curiosa e paradossale, che esiste e non esiste, e può diventare uno specchio attraverso cui vedere noi stessi da un’angolazione nuova e inaspettata. Il ghiaccio ha influenzato il nostro sviluppo dalle profondità della preistoria, ha accompagnato gli agricoltori e i pastori nomadi e ha iniziato a essere sfruttato come risorsa quando sono emerse le prime grandi civiltà. Senza il ghiaccio, la scienza non avrebbe fatto molti dei suoi passi in avanti, non potremmo nutrirci come facciamo oggi né sottoporci a molte delle terapie mediche che ci salvano la vita. Senza il ghiaccio, le metropoli, le campagne e gli oceani sarebbero molto diversi e i nostri musei e biblioteche non conserverebbero molti dei capolavori che più amiamo.
In un mondo così strano e meraviglioso, spesso non era facile distinguere ciò che era vero da ciò che non lo era. Il deserto era pieno di miraggi. Il Sudovest, con le sue immense distese desertiche, è forse la regione americana più sfaccettata, familiare e arcana insieme, generatrice di infiniti miti, dalla cosmologia dei navajo all’iconografia del Far West. In queste pagine liriche e appassionanti, ricchissime di informazioni, Alex Shoumatoff percorre assieme al lettore un itinerario nello spazio e nel tempo, rievocando paesaggi, incontri, esperienze in un ambiente ben delimitato geograficamente, ma che è soprattutto luogo dell’immaginario. Tra geologia, storia, antropologia e scienze naturali, l’autore narra vicende spesso misconosciute, che hanno per protagonisti nativi ed ebrei clandestini, spietati narcotrafficanti e devoti mormoni, scienziati e militari; ci parla di specie animali e vegetali sorprendenti, di fiumi fantasma, di miraggi; soprattutto, ci porta alla scoperta dell’anima enigmatica del deserto, rifugio di chiunque cerchi un mondo «altro», sia un fuorilegge in fuga o un ispirato utopista.
Dopo essere stato assassinato e imprigionato in un’elaborata trappola acquatica, inconsapevole del passare del tempo e di ogni altra cosa, Kai si risveglia per rendersi conto di essere in balia di un mago che vuole rubare i suoi poteri per sfruttarli a suo vantaggio. Una pessima idea, quella del mago. Ma perché Kai si è ritrovato in questa situazione? Cosa è cambiato nel mondo dopo che è stato assassinato? E perché la Coalizione del Mondo Nascente sembra stare diventando sempre più importante e influente? Kai dovrà stringersi quanto più possibile ai suoi alleati per attingere a tutta la sua magia del dolore, se vuole anche solo tentare di rispondere a una sola di queste domande. Ma le risposte non saranno di suo gradimento.
Nel Medioevo la vita era indissolubilmente legata alla natura, la cui percezione era però in continuo movimento. Piante, animali, corsi d’acqua: tutto l’ambiente era modificato dall’agire degli esseri umani, e a loro volta le trasformazioni della natura influenzavano la vita delle comunità. Il libro indaga questi mutamenti in relazione ai cambiamenti economici e sociali. Analizza come in quel periodo l’idea stessa di natura si sia modificata in relazione alle pratiche di sfruttamento dell’ambiente e alle trasformazioni ecologiche. Riflette sulle categorie culturali che definivano i confini tra l’umano e l’animale e tra il naturale e il soprannaturale. Esplora il modo in cui la cultura medievale rappresentò le interazioni tra società e ambiente e la posizione dell’essere umano nel cosmo.
La storia umana è modificabile? A giudicare dalla “Cancel Culture”, si direbbe di sì: eliminare quel che testimonia le violenze del passato è diventata una pratica sociale per “migliorare” la storia umana nella percezione del presente. Questo fa venire in mente altri modi con cui si è cercato di cambiare realmente il percorso storico dell’umanità: inventando dei falsi storici. Gli esempi non mancano: Adriano Prosperi si concentra, in questo libro, in particolare su alcuni. Innanzitutto la donazione di Costantino, forse il più celebre tra i falsi storici. Il secondo caso riguarda le invenzioni storiche di Giovanni Nanni, il visionario Annio da Viterbo che riscrisse la storia del mondo a partire dal diluvio e profetizzando luogo e data dell’apocalisse. Se ne ritrova il modello nelle false cronache e nei finti reperti archeologici di Granada del Seicento, dove i moriscos minacciati di espulsione dalla Spagna inventarono l’esistenza di un’antichissima presenza di arabi cristiani giunti in Spagna prima di san Giacomo. Ma il più inquietante degli esempi è il quarto, quello dei “Protocolli dei savi anziani di Sion”, notoriamente falsi eppure ancora diffusi e operanti.
Con un ritmo serratissimo e tutta la tragicomica umanità che McMurtry dona infallibilmente ai suoi personaggi, Luna comanche racconta le leggendarie avventure di Gus e Call nel fiore degli anni e introduce la riflessione malinconica sul tramonto di un’epoca che troverà il suo mirabile compimento in Lonesome Dove.
Da tempi immemorabili, è con la prima luna piena d’autunno che i Comanche scendono sul sentiero di guerra. Ma gli equilibri lungo la frontiera dell’Ovest stanno irrimediabilmente cambiando. I coloni risalgono i fiumi come formiche e a difendere gli insediamenti ci sono Gus McCrae e Woodrow Call, appena promossi capitani dei Texas Ranger ma già pronti a diventare gli eroi che conosciamo. Con “Luna comanche” si chiude lo straordinario ciclo western di Larry McMurtry. Girata l’ultima pagina, avrete voglia di ricominciare dalla prima riga di “Lonesome Dove”. Quando il famigerato ladro di cavalli comanche Kicking Wolf gli ruba l’instancabile Hector, un cavallo così poderoso da essere reputato magico, il capitano Inish Scull decide di inseguirlo a piedi, affidando il comando della compagnia di Texas Ranger a Woodrow Call e Gus McCrae. Mentre la caccia al ladro conduce l’impulsivo Scull a un durissimo scontro di volontà con il Black Vaquero, il bandito più efferato del Messico, i neopromossi capitani si trovano per la prima volta ad avere la responsabilità della vita dei loro uomini. Nelle sconfinate pianure dell’Ovest la priorità è sempre portare a casa la pelle e così i due amici accantonano i consueti battibecchi e intraprendono la prima delle tante missioni che li renderanno i combattenti più ammirati della frontiera. Di ritorno a Austin, li attende però una nuova sfida, per la quale la vita da ranger non li ha minimamente preparati. Dopo anni e anni di corteggiamento, Clara Forsythe, il grande amore di Gus, ha preso la sua decisione, e Maggie Tilton, la timida prostituta con cui Call ha un rapporto stabile, si gioca l’ultima carta per tentare di accasarsi con lui. A quel punto, l’ordine della ricca e umorale signora Scull, di andare a recuperarle il marito, giunge quasi provvidenziale. Ai due non resta che montare in sella e avventurarsi di nuovo nelle terre selvagge, in compagnia dei fedelissimi Pea Eye, Jake Spoon, Deets e Long Bill.
Otto mistiche laiche che cercano il divino fuori dalla cornice strettamente religiosa sono le protagoniste di questo libro: donne libere e coraggiose, che vogliono andare al di là dell’idea di Dio che viene loro proposta.
“Dio non è così, ne sono sicura, e quindi lo cerco per conto mio,” dice Catherine Pozzi, e come lei la pensano Adrienne von Speyr, Banine, Élisabeth Behr Sigel, Romana Guarnieri, fino a Simone Weil e Chiara Lubich. In questa ricerca nutrita di consapevolezza fondano movimenti, lavorano nelle fabbriche, amano senza riserve, esercitano una professione. Dio è qui e ora, nelle piccole e grandi cose della vita, nel lavoro che facciamo e nelle relazioni che coltiviamo con pazienza e dedizione, sembrano volerci dire. Incontrarlo non è così difficile, non serve chissà quale paludamento religioso: basta attingere alla ricchezza della propria vita interiore alla ricerca di un senso del nostro esistere. Otto storie di donne che hanno sperimentato nuovi rapporti interpersonali e nuove gerarchie ispirando le chiese e la società. Un anelito alla spiritualità che è anche un percorso di emancipazione inscritto nel movimento di liberazione femminile novecentesco.
Lo sguardo dell’antropologo del mondo antico si distingue per la sua attenzione ai dettagli trascurati, frugando negli angoli meno esplorati della tradizione. Piuttosto che concentrarsi sui grandi testi o eventi, l’antropologo predilige elementi minori, apparentemente secondari che possono però rivelare modelli culturali significativi, e questo approccio offre una comprensione più profonda e diversa del passato. In questo libro si alternano uno sguardo sulle forme e gli strumenti dell’antropologia del mondo antico e un affondo su personaggi e forme culturali per scandagliarne gli aspetti meno esplorati – le forme del destino, gli animali e la loro valenza, le immagini e i suoni, le forme di parentela – rivitalizzandoli. A comporsi è un quadro meravigliosamente ricco della mentalità, delle credenze e delle strutture profonde che sostenevano la società romana e la cultura greca.
Palermo, 1632. Escono di notte, Giulia e sua madre Teofania. Percorrono i vicoli bui perché nessuno le veda intrufolarsi nel retro di un convento, dove preparano con diabolica maestria l’Acqua, un veleno tanto micidiale quanto irrintracciabile, che le donne possono somministrare di nascosto a mariti o padri, fratelli o amanti, per sottrarsi così alle loro violenze e sopraffazioni. Giulia ha appena tredici anni, eppure aiuta la madre a consegnare la pozione alle donne che la richiedono, durante la messa o nel chiuso delle case o dei bordelli. Fino a quando non è lei stessa a doversene servire… Roma, 1656. In città imperversa la peste. Le vittime sono così numerose che, a lungo, sono passate inosservate le morti di decine, forse centinaia, di uomini, spirati senza contrarre febbri ed esibendo un aspetto addirittura più florido di quando erano in vita. Ma Giulia sa di essere in pericolo. E con lei anche la figlia Girolama e la cerchia di donne che fino a adesso l’hanno aiutata e protetta. La sua Acqua tofana – come ormai è conosciuto in città quel veleno potentissimo – è fin troppo richiesta. E infatti la morte sospetta di un cardinale, fraterno amico del papa Alessandro VII, scatena i segugi dell’Inquisizione: l’ignobile commercio dev’essere fermato, la tela d’intrighi e inganni sgominata. Per Giulia è arrivato il momento di affrontare con coraggio il proprio destino…
Lucy Westenra è stata un’adolescente uccisa tragicamente, un’avventuriera solitaria e una temibile cacciatrice, ma la felicità le è sempre sfuggita. Riuscirà a trovare la forza di distruggere Dracula, o il suo cuore sarà ancora una volta la sua rovina?
Il suo nome è stato scritto solo nella storia di qualcun altro: Lucy Westenra è stata una delle prime vittime di Dracula. La sua morte, però, è stata solo l’inizio. Dopo essere risorta come vampira, Lucy ha tentato di sottrarsi al giogo del mostro che l’ha uccisa e di scoprire chi è e cosa vuole realmente. La sua non-vita prende una piega inaspettata nella Londra del XXI secolo, quando incontra Iris, che vorrebbe liberarsi del suo passato e di una famiglia con un oscuro segreto. Lucy, ormai convinta di non essere più in grado di amare, si innamora di lei. Ma il loro amore appena sbocciato sembra destinato ad appassire prima del tempo. La madre di Iris non è disposta a lasciarla andare, e Dracula è pronto a mietere nuove vittime.
Un libro d’avventura nella tradizione dei classici: duro, feroce, avvincente, commovente.
«Un romanzo di peccato e vendetta, mostruosità e reverenza, che parla dell’oscura rapacità dell’anima americana. Un libro magro e affamato, nudo come un osso rosicchiato, deciso. Groff non si è persa nella foresta. Sa benissimo dove sta andando.» – The Guardian
«Non riuscivo a smettere di leggere. Un mistero e una strana, bella redenzione.» – Naomi Alderman
«La sua scrittura ha una qualità senza tempo… Groff ha un dono per la trascendenza, per una bellezza naturale quasi sacra.» – The Times
«Una prosa scintillante… in parte favola in parte trattato sull’avidità, un’esortazione per l’umanità ad accontentarsi di ciò che ha, qualcosa che dovremmo tutti abbracciare.» – The Spectator
È inverno. La ragazza corre nella foresta, in fuga da un insediamento di coloni inglesi nel Nuovo Mondo, in Virginia. Nata serva in Inghilterra, si è sempre occupata della piccola Bess, una bambina malata che abbandona con dolore quando un’epidemia devasta la piccola comunità in cui vivono. Priva di armi, di utensili, ignara di tutto e pronta a imparare tutto da sola, sperimentando, si ciba di ciò che raccoglie e resiste al gelo; impara a pescare e cacciare; governa il fuoco; si ammala ma poi guarisce; prima sopravvive e basta, poi vive in comunione con le terre selvagge, secondo un patto feroce che a volte rischia di sopraffarla ma in cui, tenace e avida di vita, ha a lungo la meglio. Tra orsi, lupi, nativi e misteriose creature erranti come lei, la ragazza attraverserà a modo suo tutte le tappe di una vita: la paura, il sesso, la libertà, la solitudine, fino alla fine.
Judith Butler, icona del pensiero femminista, queer e nonviolento, è una delle voci più influenti del panorama internazionale. Il volume, pensato come un’agile introduzione alla figura e al pensiero politico della filosofa di Berkeley, ne intreccia il percorso biografico con l’itinerario intellettuale, soffermandosi su alcuni degli aspetti più rilevanti di un pensiero che è in continuo movimento e in costante dialogo con gli avvenimenti dei nostri giorni, di cui Butler fornisce chiavi di lettura originali e spesso provocatorie. Attraverso le proprie riflessioni sulla performatività del genere, sulla vulnerabilità e sulla violenza, Butler incrina infatti alcune delle nostre granitiche certezze ponendo domande sempre più radicali, che ci spingono a chiederci se questo, in fin dei conti, sia davvero il mondo in cui vogliamo vivere.
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