La storia che sto per raccontarvi mi ha commossa nel profondo, ed è una storia intensa, scaturita da un incontro inaspettato tra un lupo e un essere umano. Il settantenne Ulf, cacciatore ed ex ispettore forestale in pensione, mentre ammira silenzioso l’orizzonte nella sua roulotte fatiscente ai margini della foresta svedese, scorge un grande lupo uscire dal folto del bosco e ammirare come lui il panorama innevato. Senza fare rumore, prende il binocolo per osservare il fiero animale prima che se ne vada; quello che rimane da quella visione di pochi minuti sarà il suo significato profondo e una sintonia atavica che cambierà per sempre la vita dell’uomo. Come gli animali totemici, tanto importanti nella antica tradizione nordica , il lupo diventerà una parte di Ulf e quella immedesimazione ancestrale porterà il nostro protagonista a cambiare il modo di vedere la sua vita e il rapporto con gli animali selvatici. Difficile da accettare anche a se stesso, all’inizio nasconderà alla moglie Inga questa sua trasformazione, destando qualche preoccupazione anche nella comunità in cui vive. L’evoluzione psicologica ed emotiva a cui assistiamo è sorprendente e velata di malinconia, un romanzo davvero straordinario che mette in primo piano il rapporto simbiotico e necessario tra esseri umani e Natura.
E in quell’istante sbucò fuori. Lo fece con una naturalezza facile da capire; quel mondo in fondo era suo. Uscì dal bosco un po’ più in là rispetto alle tracce degli sci e si fermò sul bordo dell’acquitrino, fra un cespuglio di ginepro e un pino rachitico. Passò lo sguardo attento sulla piccola distesa di neve, poi voltò la testa, così potei ammirare il suo profilo con il nobile muso, la fronte dritta e le orecchie tese. […] Fece un leggero movimento per annusare il margine dell’acquitrino. Sembrava che stesse per muoversi verso il posto dove aveva portato la sua preda e invece si fermò, sollevò il muso e annusò l’aria. La mia traccia olfattiva doveva essere ancora lì. Si alzò un refolo e gli arrivò. Allora fece dietrofront , s’infilò in mezzo agli abeti e scomparve.
“Con le nostre automobili uccidiamo più animali noi dei lupi”, dissi. “Ma noi non lo facciamo per fame.” Se possibile, il silenzio diventò ancora più assoluto. Dio solo sa che cosa mi spinse a continuare. “Gli animali selvatici non valgono niente. A parte quando possiamo abbatterli a fucilate.” Dopo un momento in cui sembrava che tutti avessero perso la lingua, Ronny disse, calmo e deciso: “Eh, già.” Allora capii che il mio tempo come capocaccia era finito. Non in quel preciso momento ma forse molto presto. Sentivo ancora in bocca il sapore del vomito e volevo solo andarmene di lì. Con troppa chiarezza vedevo la giovane femmina sul bancone. E Ronny che le sollevava la zampa posteriore perché io ne vedessi il sesso. Umiliata, pensai. Umiliata in modo così cruento, così indecente da un idiota che vuole solo fare lo spaccone.
Abbiamo bisogno di romanzi come questo. Abbiamo bisogno che la narrativa prenda posizione e che ci ponga davanti alla questione sul nostro rapporto problematico con le altre specie animali, che ci ricordi in che mondo stiamo e che lo faccia in modo chiaro, senza sollevarci dalle nostre responsabilità. Questo romanzo dalla prosa incisiva ed asciutta, tipica della letteratura nordica, ci porta nelle lande nevose della Svezia interna e meno conosciuta, e il racconto di Ulf diventa l’emblema dell’uomo moderno, combattuto tra delle usanze che hanno fatto il loro tempo e il rinnovato sentimento della comunione con gli altri esseri viventi, assopito dalla modernità imperante.
Un libro bellissimo che fa riflettere intimamente sul nostro ruolo nell’ecosistema, attraverso il tema dell’anzianità e descrivendo la vita delle piccole comunità che abitano nel Nord Europa, tra la natura selvaggia e le antiche vestigia della tradizione nordica.
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