Lo sapevate? Scommetto di no. E scommetto pure che nel leggere il nome gladiatrici siete ancora scettici e scettiche, perché nessuno, tantomeno nel vostro percorso scolastico, vi ha mai detto che la gladiatura era un’attività che potevano praticare anche le donne. Prima che il vostro cuore manchi di un battito specifico immediatamente che non era una consuetudine come per gli uomini e che gli spettacoli gladiatori, perché di questo si trattavano, con le gladiatrici avevano un’attrattiva diversa e delle peculiarità tutte loro. Tuttavia, le fonti parlano chiarissimo e, seppur esigue, esistono. Penso sia giunto il momento che qualcuno le metta in evidenza, che studi il fenomeno senza preconcetti sulla società romana e che riconosca i fatti per come vengono raccontati nelle illustri testimonianze di Tacito (I-II sec. d.C.), Petronio (metà I sec. d.C.), Svetonio (I-II sec. d.C.), e Marziale (seconda metà del I sec. d.C.), per citarne alcuni. Il dott. Lucio Castagneri scrive questo testo con l’obiettivo di raccogliere tutte le testimonianze, analizzare le rappresentazioni scultoree e le epigrafi a noi pervenute e fare chiarezza su questo tema controverso. Con precisione e obiettività, l’autore compie una ricerca e formula diverse ipotesi su chi potevano essere le donne a lottare nell’arena, spiega come avvenivano i combattimenti e perché; inoltre, ci racconta che ci furono pure dei decreti per regolamentare e in seguito bandire i giochi con le gladiatrici.
I riferimenti documentari a donne “gladiatrici” nelle fonti di epoca romana coprono un arco cronologico che va dal I sec. d.C. all’inizio del III sec. d.C., diciamo circa duecento anni, ma dalla lettura attenta dei testi si presuppone che già in epoca repubblicana, perlomeno a Roma, fossero in uso i combattimenti fra donne, anche se non sappiamo con quale frequenza o eccezionalità. certo è che con l’inizio del principato augusteo si cominciò a percepire questo tipo di spettacolo volgare a tal punto da non poterne più consentire la pratica, anche solo come simulazione, a uomini e donne appartenenti alle classi più elevate, fino ad arrivare, con Settimo Severo, al divieto assoluto della gladiatura femminile per ragioni di decoro.
Tra le tante questioni interessanti che emergono nel testo una colpisce in particolar modo, ovvero la tipologia di donne che partecipavano agli spettacoli. Le fonti lo dicono chiaramente e vale anche per gli uomini: non erano solo gli schiavi o le schiave a lottare (come si è abituati a pensare) ma anche le persone di una classe sociale elevata potevano farlo. Le motivazioni sono diverse: voglia di mettersi in gioco, sfogare la rabbia, diventare delle celebrità. Ricordiamoci che, in quanto spettacoli di intrattenimento, anche se brutali, le lotte finivano raramente con la morte e i vincitori e le vincitrici diventavano dei veri e propri divi.
“La fama celebrava anche la gloriosa impresa di Ercole, cioè l’uccisione del leone nella larga valle di Nemea. Taccia l’antica leggenda: infatti dopo gli spettacoli che tu, o Cesare, ci hai donato, riconosciamo ormai che tali imprese sono compiute da donne guerriere“. (Marziale, De spectaculis, 6, seconda metà I sec. d.C.)
Il testo presenta una prima parte ben documentata e una seconda più personale, dove l’autore scrive alcune sue riflessioni e ipotesi di ricerca in base ai reperti e agli studi che ha conseguito. Castagneri ha certamente il merito di aver pubblicato un libro senza il timore di essere deriso e osteggiato per un tema che nessuno vuole realmente affrontare. Lascio a voi capire il perché esistano così pochi studi in merito, men che meno libri di divulgazione, e non credo che la risposta sia poi così difficile. Personalmente ho imparato molto dal contributo di Castagneri, che mi auspico non rimanga un unicum.
RIFERIMENTI DI LUCIO CASTAGNERI
CASA EDITRICE: https://www.arborsapientiae.com/autore/3913/lucio-castagneri.html