Qual è il primo aspetto che ricerchiamo quando leggiamo un romanzo storico? Ci interessa di più che il contesto storico sia credibile e ben ricostruito? Ci soffermiamo sulla caratterizzazione dei personaggi? Ci aspettiamo delle battaglie epiche oppure speriamo che la storia ci travolga? Difficile trovare la ricetta perfetta. Forse il bello sta proprio che non esiste una regola unica quando si scrive del passato. Alice von Tannenberg ha sicuramente trovato la sua ricetta, che mette insieme molti degli elementi che tutti noi amiamo. Ma non solo. L’autrice aggiunge un pizzico di audacia, che ritroviamo nella scelta del contesto in cui ambienta la storia, ovvero alla fine del XII secolo, anni in cui il dominio di Federico Barbarossa (1122-1190) è in declino, all’interno dello scontro, che si consuma da decenni, tra l’Impero e la Chiesa. Un periodo storico flagellato da ribellioni, tumulti, complotti, compromessi mai raggiunti e contrassegnato da un forte senso del valore e del riscatto, tutte cose che, leggendo il romanzo, emergono con potenza e con rispetto degli eventi realmente accaduti.
In questo romanzo corale dalle tinte epiche e che si rifà la grande letteratura cavalleresca, i personaggi principali, giovani eredi di famiglie intimamente coinvolte nella lotta per il potere, devono affrontare molte avversità e scontrarsi con un mondo che sta cambiando, il cui destino è più che mai incerto. La Baviera, altro grande personaggio di questa storia, ci viene mostrata con realismo, allo stesso modo delle battaglie, vivide e cruenti, che viviamo appieno durante la lettura. Concepita come una trilogia, molti sono i punti di forza: certamente la passione per il passato e la meticolosità dei dettagli storici, che traspaiono a ogni pagina, sono ciò che rendono questo primo romanzo un prodigioso inizio. Non dobbiamo che aspettare di sapere cosa succederà in seguito.
Credo sia nato tutto da una sorta di “congiunzione astrale” di varie circostanze. Dal fantasy sono arrivata alla letteratura cavalleresca e alla narrativa storica, poi grazie ad alcune letture ho scoperto di nutrire un interesse viscerale, difficile da spiegare a parole, per la cultura germanica. Unendo le tre cose, il resto è venuto da sé! Così ho deciso di raccontare una realtà poco sfruttata in narrativa (ma comunque ricca di spunti), ponendo l’accento sulla cultura e sulle particolarità territoriali, con l’obiettivo di farla conoscere anche ai lettori italiani.
Quando si racconta un combattimento, il rischio di descrivere i gesti in maniera formulaica o ripetitiva è dietro l’angolo. Personalmente, però, sono tra le parti che più mi diverto a inscenare. Essendo un tipo di scene molto “grafico” e dinamico, la conoscenza tecnica (scherma, strategia, forza offensiva delle armi…) serve da base ma nella narrazione ciò che deve prevalere è l’impatto delle immagini. Per lo stesso motivo, ho integrato lo studio teorico dei manuali di storia militare con l’aspetto “pratico” del frequentare eventi di rievocazione. Come ispirazione, ho attinto sia da fonti dell’epoca (cronache, poemi cavallereschi) sia dalla letteratura di guerra del Novecento (Jünger, Remarque, Sven Hassel…) che contiene pagine molto suggestive ed emotivamente coinvolgenti. Anche se sono modi di fare guerra molto diversi, mi hanno aiutato a capire come scrivere le scene di battaglia.
La mia idea di ricerca è “tutto può essere fonte”: un approccio che non si limita allo studio dei documenti scritti ma va a cercare l’iconografia, i reperti, le ricostruzioni, le armi e tutto ciò che serve alla ricostruzione della vita materiale.
Quanto agli episodi e i personaggi, alcuni li ho citati nel libro: due esempi sono la battaglia di Loděnice e l’aneddoto di Otto von Wittelsbach che sguaina la spada minacciando colui che anni dopo sarà papa Alessandro III. Oppure i Minnesänger: una cosa che pochi sanno è che, sebbene non esistessero Minnesänger donne (a differenza delle trobairitz), nel XII secolo è vissuta una donna austriaca nota come Frau Ava, che dopo essere rimasta vedova si ritirò in monastero dedicandosi alla poesia in volgare: tuttora viene ricordata come la prima scrittrice in lingua tedesca. Ma ci sarebbero tantissimi altri esempi!
Immedesimarsi nella mentalità religiosa dell’epoca, che era molto più sfaccettata e peculiare di quanto si possa immaginare. Per chi non ha esperienza di fede, ci si trova in bilico tra il rischio di sfociare in una caricatura della pruderie vittoriana e quello di “laicizzare” troppo il rapporto dei personaggi con la religione. E la cosa più sorprendente è che la religiosità dell’epoca era davvero sospesa tra due opposti, ma la sensibilità non è sovrapponibile a quella di altre epoche.
Dopo aver finito la trilogia de “Il Canto degli Eroi Dimenticati” (adesso sto lavorando sul secondo volume, che dovrebbe uscire l’anno prossimo), ho già un romanzo ambientato nella seconda guerra mondiale pronto per essere revisionato. Ma ho anche altre idee, su cui ancora non posso dire niente!
RIFERIMENTI DI ALICE VON TANNENBERG
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