Più leggo i libri della casa editrice Venexia e più si aprono di fronte a me strade nuove, orizzonti inesplorati e riflessioni profonde sul passato. La lettura del testo “Inanna. Signora dal cuore immenso” mi ha condotta in un territorio che conoscevo, ma che non avevo mai visto attraverso un’analisi approfondita di una delle divinità sumere più celebri. L’analista junghiana Betty De Shong Meador scrive un testo dedicato alla Dea descrivendone i culti, le gesta, il mito con le sue simbologie e le implicazioni psicologiche archetipiche insite in questa figura leggendaria. L’operazione letteraria dell’autrice va oltre le aspettative e ci presenta un quadro tridimensionale e a tutto tondo di Inanna e ridà voce a colei che per millenni era rimasta nell’oblio. Con una sorprendente personalità, la Gran Sacerdotessa Enheduanna, vissuta nel XXIV secolo a. C., emerge dalle spirali del tempo e lascia ai posteri una serie di inni e poesie dedicati alla divinità dall’inestimabile valore storico e archeologico.
Ecco un estratto da “Signora dal cuore immenso”:
Signora dal cuore immenso/ regina che brama la battaglia/ gioia degli Anunna/figlia più antica della Luna/ suprema su tutte le terre/tu sovrasti i grandi sovrani/ regina di rare imprese/ lei raccoglie i me/ da cielo a terra/ superando il grande An/ Lei ha il potere degli dèi/ Lei esegue i loro verdetti/davanti alla sua parola senza pari/ i grandi Anunna strisciano via di soppiatto […] lei urla/ e gli dèi iniziano a tremare/lei infuria e gli Anunna tremano/ si rannicchiano come canna piegata/ di fronte al suo ruggente dum-dam/ afferrano braccia e gambe e si nascondono/ senza Inanna/ An è titubante/ Enlil non può stabilire i destini…
Nella cosmogonia sumerica Inanna è una divinità che fa parte degli Anunnaki, ovvero gli Anunna nati sulla Terra, ed è nipote di Enlil, uno degli Dèi supremi. Ci spiega l’autrice che, per le sue caratteristiche ambivalenti di Dea della Guerra e Dea dell’amore, Inanna fu celebrata con dei rituali che presupponevano una grande libertà sessuale e di genere e aprì un varco all’interno del dominio maschile su quello femminile. La Sacerdotessa Enheduanna, figlia del famoso re accadico Sargon, il primo a unificare le città della Mesopotamia del sud e del nord sotto la sua egemonia, riconosce in lei una figura androgina, che si appropria dei costumi maschili per non rientrare in nessun ordine sociale prestabilito e destabilizzare le altre divinità con la sua personalità creativa, che travalica il bene e il male, perché rappresenta entrambi.
Il riaffiorare di Enheduanna nel nostro secolo, dopo quattromila anni di silenzio, avviene in corrispondenza di una consapevolezza globale cresciuta e dell’attenzione per i diritti delle donne. Anche se gli scritti di Enheduanna sono filtrati attraverso una società a dominanza maschile, la sua poesia sembra descrivere ciò che è stata la credenza di fondo delle religioni dominate dalla dea nell’antico periodo Neolitico. Molti elementi della sua Inanna si adattano ai presupposti di una religione basata sulla natura, così come sono raffigurati sugli antichi manufatti.
Il libro si compone di più parti e ognuna si lega all’altra per creare un mosaico complesso ma esaustivo della Dea, che per molti è solo il frutto di una fantasia lontana e primitiva. Inoltre, riconosco nell’autrice il lodevole proposito di ridare luce alla poetessa Enheduanna che, sono certa, poche persone conoscono. Questo testo non aiuta solo a capire meglio i culti e i riti dedicati a Inanna, ma ci porta a una riflessione profonda sulle divinità femminili dell’antichità e ci sprona a capire come poter usare la loro testimonianza a confronto con il presente, per scardinare le idee obsolete sul passato.
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