Se cercate sul web informazioni su Emilia Luti (1815-1882) non troverete molto. Per lungo tempo il suo nome è stato oggetto di interesse solo di una piccola parte di intellettuali e studiosi, di qualche ricerca circoscritta o è diventato il protagonista di rarissimi articoli, che ne raccontavano la storia. Ora, grazie al talento narrativo e alla lungimiranza di Emanuela Fontana, insegnante e giornalista, finalista alla XXI edizione del Premio Calvino, possiamo finalmente conoscere questa figura meravigliosa, che ha contribuito alla stesura, come oggi la conosciamo, de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Il romanzo si apre nell’ottobre del 1838, Emilia Luti lavora come bambinaia e aiutante bibliotecaria presso la famiglia Vieusseux, l’incontro con Massimo D’Azeglio, scrittore, pittore, futuro Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno di Sardegna e genero di Alessandro Manzoni, cambierà la sua vita per sempre. Diventata la bambinaia di Rina, figlia di D’Azeglio, incontrerà don Lisander, il celebre scrittore e, per le sue doti narrative innate e perché è fiorentina, aiuterà Manzoni a portare a termine l’obiettivo di ripubblicare “I Fidanzati”, come spesso venivano chiamati dal maestro, in una veste nuova e alla portata di tutti. Questa è una storia incredibile, che ci mostra una vicenda inaspettata e ci incanta per la profondità dei personaggi: tridimensionali, emozionanti e straordinariamente vivi.
“Vi dicevo…” riprende Manzoni. “Deve essere come una storia che scorra davanti agli occhi, a cui manchino soltanto i rumori, perché questo è un romanzo rumoroso, come direbbe la nostra signorina Emilia.” D’Azeglio coglie lo scambio dei loro sguardi con un leggero dispiacere. Se ne accorge anche Rossari. Sul suo viso avanza invece un velo di turbamento. “Vorrei che i personaggi fossero vivi e veri a tal punto che il lettore riesca a immaginare anche le voci. E la li-lingua deve essere naturale e viva, la più semplice, e in alcuni momenti anche la più veloce che si possa pensare. La nostra lingua è sincera. Questo è il lavoro che la fiorentina deve aiutarmi a portare a termine.”
La rappresentazione di Alessandro Manzoni nel romanzo è talmente profonda, umana, sentita, che spesso mi sono ritrovata con le lacrime agli occhi; in realtà tutti i personaggi sono stati caratterizzati con la stessa vividezza, ciò nonostante l’attenzione ricade su don Lisander, quell’autore che da quando nasci te lo mostrano con un’aura di magnificenza tale che si fatica a pensarlo come un essere umano, con le sue fragilità. Con una prosa asciutta, dosata con maestria, e di grande intensità emotiva, Emanuela Fontana ci regala un’esperienza unica e irripetibile: la possibilità di rivivere le vicende, i conflitti e le evoluzioni che portarono alla consacrazione de “I promessi sposi” come capolavoro della letteratura mondiale. Non solo, illumina di grazia Emilia Luti e la dona al pubblico italiano, che finalmente ne ammira la forza, il carattere e il coraggio. Una donna che, con la pubblicazione de “La correttrice”, sarà impossibile da dimenticare.
Ci sono tantissimi motivi per leggere questo romanzo: perché racconta una vicenda sconosciuta, perché si empatizza con personaggi d’eccezione e ci si immerge in una storia toccante, densa di significato. Più di tutto, però, ritengo che debba essere letto perché ciò che viene narrato fa parte del nostro patrimonio culturale, ci appartiene e ci ha formati. Sapere che anche una donna ha fatto parte della stesura di un’opera universale e senza tempo è motivo d’orgoglio. Anzi, a pensarci bene, ricordando tutti i contributi che le donne hanno dato allo sviluppo economico, artistico e umano di ogni società, non poteva essere altrimenti.
RIFERIMENTI DI EMANUELA FONTANA
INSTAGRAM: https://www.instagram.com/emanuelafontana_/
MONDADORI: https://www.mondadori.it/libri/la-correttrice-emanuela-fontana/
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