La Dea della Montagna è un libro magico, capace di smuovere i sentimenti più profondi e di scaturire delle curiosità che mai avremmo pensato di avere. Chi è la Dea della Montagna? È una sola o sono tante? Che cosa significa “della Montagna” e perché ne sentiamo parlare soltanto adesso? Con una ricerca che mette insieme archeologia, mitologia e antropologia, Michela Zucca ripercorre le tracce di una storia negata, cancellata dal tempo e dagli uomini. Questi ultimi hanno trasfigurato le antiche tradizioni dedicate alle Grandi Dee Madri raccontandone delle nuove, incentrate su altri simboli, che poco hanno ha che fare con quel culto arcaico e primigenio. Questo testo dà forma a ciò che è andato perduto e ricostruisce «il ricordo di chi vive le montagne madri e la loro Dea».
Non sapendo interpretare le dee e ritenendo se stessi – maschi, adulti, colti, urbanizzati, occidentali e bianchi – la massima espressione possibile della civiltà, le considerarono rappresentazione dell’unica attività che la donna potesse svolgere: le legarono al sesso, alla procreazione, alla fertilità e le chiamarono “Veneri”. Le Signore della natura, degli animali e delle piante, degli alpeggi, dei pascoli e delle montagne, delle sorgenti, delle paludi e degli acquitrini, della vita e della morte sono portatrici, invece, di una simbologia multipla e complessa, che va ben al di là della capacità generativa. Donne di pietra. Donne di terra che hanno conservato intatto il mistero di un fascino ambiguo.
Le Madri antiche hanno lasciato tracce sparse. Si va dai templi e dai siti associati alla Dea ai reperti archeologici, alle credenze condivise (la religione dei popoli della montagna ancora oggi è incentrata sulla figura della Madonna), ai riti che ininterrottamente continuano a ripetersi, come i pellegrinaggi trans vallivi, che ricalcano percorsi millenari. Poi ci sono le immagini più recenti in contesti cristianizzati (come le Sibille) che testimoniano la permanenza del culto anche dopo la soppressione del paganesimo, i miti che raccontano le regine sconfitte dal patriarcato che si rifugiano nelle viscere delle Alpi per sopravvivere e che un giorno o l’altro torneranno.
Ma, vista la rarità di oggetti e di siti di provenienza archeologica che si possono riferire inequivocabilmente al culto della Dea, è necessario estendere la ricerca agli ambiti che hanno conservato, fino ai giorni nostri, le tracce della sua antica religione. Tra i contesti più importanti va evidenziata la venerazione della Terra intesa come “Madre universale” che emerge dai rituali, e il legame fra spiritualità femminile, siti e pratiche legate alla cura e alla salute, specialmente delle madri ma non solo, che continuano fino a oggi.
Con una prosa di una chiarezza disarmante, Michela Zucca ci porta nei luoghi che, in un tempo arcaico, rappresentavano la Dea. Lei specifica: «La Dea della montagna non ha forma, né volto. È la montagna sacra stessa. […] È una presenza immanente.» Lasciandosi guidare dall’autrice, che ha visitato quei siti e tuttora organizza dei percorsi per vedere con i propri occhi quelle testimonianze, veniamo a conoscenza di una cultura che sopravvisse per millenni, poi spazzata via, frammentata, e riconosciuta oggi solo in pochi ambiti. L’obiettivo di Michela Zucca è di fare chiarezza e ridare il giusto significato a ciò che gli antichi veneravano, portando tantissime prove che raccontano un’altra storia. Forse, un altro mondo.
Se vi state ponendo delle domande in quanto scettici sull’argomento, il libro risponde in modo esaustivo a molti dubbi: l’approccio di Michela Zucca é sia scientifico che esperenziale. I capitoli sono divisi utilizzando un metodo scientifico che tiene presente il contesto geologico e cultuale, le pratiche di ricerca, l’archeologia e l’antropologia fino a quel momento, gli archetipi, le trasformazioni avvenute nei millenni, le religioni che si sono susseguite, le strutture sociali e infine, ma non meno importante, i pochi reperti che sono sopravvissuti. Non possiamo dimenticare che ricostruire un passato così lontano, che le intemperie e le ricostruzioni hanno cancellato, non è facile. Michela Zucca compie un lavoro immane, durato anni, che l’archeologia degli ultimi decenni sta prendendo in considerazione, e che forse, un giorno, ristabilirà ciò che ai popoli della montagna è stato tolto.
Riferimenti di Michela Zucca
Sito: https://www.michelazucca.net/
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