Recensire romanzi di questo tipo non è semplice, nasconde una ricerca storica notevole, una complessità che emerge mano a mano che si prosegue con la lettura. Il progetto di raccontare una parte della vita di Saulo di Tarso, il San Paolo che tutti conosciamo, vissuto nel I secolo d.C., non è affatto semplice; anzi, potrei dire senza alcun dubbio che parlare di una figura così controversa è un atto coraggioso e, dal mio punto di vista, assai lodevole. Ci sono dei personaggi che sono ritenuti intoccabili e Saulo di Tarso è certamente tra questi. Nonostante esista tanta letteratura in merito, perlopiù la si può definire apologetica, o comunque orientata verso la lode piuttosto che la critica. Cristoforo Gorno compie un’operazione diversa, trasforma questo celebre santo in una spia, lo spoglia della sua santità per ridimensionarlo a uomo, e lo fa con maestria, narrando una vicenda concreta, storicamente credibile, dando una chiave di lettura che molti studiosi pensano ma che nessuno di loro osa dirlo apertamente.
Trama: Esisteva un patto segreto di collaborazione e protezione tra le autorità romane in oriente e Saulo di Tarso, che noi conosciamo meglio con il nome di Paolo, il santo fondatore del Cristianesimo? Incontri nelle stanze segrete del potere, rapporti diplomatici confidenziali, corrispondenze riservate, complotti, banchetti imperiali, ritratti di protagonisti reali o immaginari (come Diotima, sacerdotessa di Artemide), lo scontro sotterraneo tra il dio padre e le dee madri: sono questi gli elementi attraverso i quali si snoda questo racconto, da Roma a Damasco, da Antiochia a Gerusalemme, per terra e per mare.
Un romanzo costruito per quadri che, rispettando le fonti e il contesto storico, affronta il nodo della nascita tumultuosa della religione che ha deciso le sorti di almeno metà del mondo per due millenni. Con La spia celeste, Cristoforo Gorno ricostruisce in maniera originale la vita di Paolo di Tarso, uomo e santo: da persecutore del Cristianesimo alla conversione sulla via di Damasco, dall’apostolato attraverso i paesi del Mediterraneo al suo arrivo nella Roma di Nerone, meta finale per la costruzione della Chiesa cristiana.
“In quelle parole non c’erano formule misteriose per iniziati, linguaggi oscuri, oracoli da decifrare, c’erano pecore smarrite, vigne, seminatori, niente principi guerrieri sterminatori di mostri né incantatrici signore degli inferi, ma la promessa di un riscatto, altrove, per umili, servi e inermi, tutti degni allo stesso modo d’amore. Parole e idee semplici da capire, una delle ragioni per cui si stavano diffondendo con tanta facilità.”
Nel testo ritroviamo passi che confermano una grande preparazione, un ricerca che passa dalla tradizione, comprende gli studi accademici e coinvolge anche una parte di quelle indagini che definiremmo non convenzionali; questo è certamente un romanzo che va letto con un occhio attento e con mente aperta, solo in questo modo si possono cogliere tutte le sue sfaccettature, oltre che la bravura dell’autore.
Cristoforo Gorno si è prestato per una intervista.
Da non credente mi colpisce come un culto minoritario, nato in una provincia periferica dell’impero, con protagonisti pescatori e falegnami, si avvii nel giro di relativamente poco tempo a dominare il bacino del Mediterraneo e più in là ad improntare duemila anni di storia per almeno metà del mondo. Alla base di questa crescita c’è Saulo, o Paolo, colui che ha avuto l’intuizione decisiva, di allargare gli insegnamenti di Gesù anche ai non ebrei, un uomo dalle origini opache, persecutore implacabile dei primi seguaci di Gesù, poi organizzatore tenace delle prime chiese, capace di slanci letterari quasi poetici e di noiosissime, a volte perfino minacciose prediche, inafferrabile, opportunista, visionario, più che averne subito il fascino ho cercato di insinuarmi dentro la sua ambiguità e attraverso di essa immaginare quella sequenza di casualità, circostanze imprevedibili e rovesci del destino, tutte cose che per chi crede si riconoscono nel disegno di dio, che hanno portato alla diffusione del cristianesimo.
Per non affogare nell’infinita bibliografia su Paolo mi sono concentrato solo sui testi antichi che non sono molti e rendono la vita più facile: Atti degli Apostoli, Lettere di Paolo e, da parte non cristiana, Giuseppe Flavio, Tacito e Filone Alessandrino. Una cosa che mi ha colpito è come la figura di Pilato cambi a seconda delle fonti: noi conosciamo il Pilato dei Vangeli, dubbioso, che si fa degli scrupoli, che non vuole condannare un giusto, le fonti non cristiane sono invece concordi nel descriverlo come un governatore rapace, violento e ottuso. Secondo molti il Pilato più morbido dei Vangeli è il frutto della necessità cristiana di prendere le distanze dagli ebrei all’epoca delle grandi ribellioni giudaiche.
Non lo posso provare ma lo penso. Tanto per cominciare non si sa come abbia ottenuto la cittadinanza romana né le circostanze del cambio di nome da Saulo a Paolo, ma l’episodio chiave che ha scatenato la fantasia, raccontato dagli Atti degli Apostoli, è questo: verso il 58 d.C. Paolo va a Gerusalemme per una sorta di concilio informale che si tiene nei cortili del tempio in cui deve rispondere delle sue azioni di fronte a un’assemblea di ebrei tradizionalisti e forse anche di cristiani della prima ora insoddisfatti di lui. La discussione si accende, gli animi si riscaldano, Paolo sta per essere linciato, i romani dall’alto della fortezza che domina il tempio se ne accorgono e mandano dei soldati a tirarlo fuori dai guai, poi lo tengono al sicuro nella fortezza e quando vengono a sapere che i suoi avversari hanno giurato di ucciderlo lo fanno uscire da Gerusalemme di nascosto, di notte, con quattrocentosettanta uomini di scorta , sembra proprio una di quelle operazioni di ‘estrazione’, come le chiamano nelle serie americane, di un agente undercover.
Questo è l’episodio più clamoroso, ma negli Atti ce n’è altri di sospetti, come il centurione che scorta Paolo in nave verso Roma, Paolo è definito prigioniero ma la sua condizione sembra più quella di un uomo dentro un programma protezione testimoni, tant’è vero che quando la nave sta per naufragare e l’equipaggio vuole disfarsi dei pesi inutili, Paolo incluso, il centurione si oppone e dice ‘lui non lo toccate.’
Una nuova serie di Cronache per Raistoria di cui si sta parlando in questi giorni e, se ci riesco, un altro libro in cui vorrei, dopo quest’incursione nel cristianesimo, tornare ai miti greci.
Cristoforo Gorno è autore e conduttore televisivo. Ha curato, tra le altre, le trasmissioni “Gaia” e “Kilimangiaro” (Rai 3), “Atlantide”, “Impero” e “Sfera” (La7), “La Macchina del Tempo” (Rete 4). Dal 2015 conduce su Rai Storia una fortunata serie di programmi storici da lui ideati: “Cronache dall’Antichità”, “Cronache dal Medioevo”, “Cronache dal Rinascimento”, “Cronache dal Mito” e l’ultima arrivata “Cronache dall’Impero”. Nel 2019 ha pubblicato con Rai Libri il romanzo “Io sono Cesare. Memorie di un giocatore d’azzardo”.
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