La recensione di questo testo mi spinge subito a fare una riflessione: abbiamo dimenticato molto delle nostre radici e questo è un vero peccato. Per fortuna, persone del calibro di Cristina Biaggi, docente universitaria e attivista nel movimento internazionale delle donne e nei gruppi di spiritualità della Dea, hanno deciso di studiare e approfondire questo antico passato e riportarlo in auge, attraverso delle ricerche sul campo, sia dal punto di vista archeologico che cultuale.
Il libro “Le abitazioni della Dea” si propone come una suggestiva analisi dei Templi e dei culti nelle Isole Orcadi e Shetland, a conferma della loro indiscutibile relazione con Malta, e mostra la diffusione e la lunga durata nell’Europa Nord-Occidentale della religione della Dea.
Cristina Biaggi percorre un lungo viaggio nei siti archeologici più interessanti, mostrando con meticolosità ai lettori e alle lettrici cosa si nasconde nei luoghi che un tempo erano sede di popolazioni arcaiche dedite alla venerazione del Femminino Sacro. Il libro è corredato da immagini esplicative e da affascinanti descrizioni dei ritrovamenti avvenuti sul posto; non mancano le teorie della Biaggi sulle evidenti correlazioni tra le culture, portando la ricercatrice a pensare ad un unico culto primigenio.
“La Grande Dea e il suo ruolo nella storia umana come forza vitale che produce e nutre la vita hanno ottenuto in anni recenti un crescente riconoscimento. Il lavoro pioneristico delle studiose di preistoria e storia dell’arte è servito molto a invertire la tendenza che ha prevalso durante secoli di ignoranza; queste studiose e pensatrici hanno fatto pulizia degli strati accumulatisi di interpretazioni fuorvianti. A poco a poco, donne come loro stanno restituendo alla Dea la sua dignità e il rango che le spetta di diritto in quanto divinità più antica del genere umano. Un’interpretazione aperta e sensibile della scultura, della pittura, del mito e del simbolo dei tempi più lontani può fornire nuove conoscenze riguardo alla Dea e ai suoi poteri, in particolare al suo ruolo centrale nel ciclo di nascita, morte e rinascita”.
Come si legge nel Prologo, il suo è un vero e proprio appello a non fermarsi nella ricerca e un incitamento a cercare ancora e tentare di scoprire il più possibile su quello che per millenni è stato forse l’unico culto e che poi è scomparso, cancellato da un cambio di paradigma infausto e dalle conseguenze visibili ancora oggi.
“Chi coltiva con passione la materia saprà che il suo dominio si estendeva oltre L’Eurasia. Chi studia la preistoria ha trovato immagini di Lei e dei suoi simboli in tutto il mondo. Chi è nell’accademia avrà familiarità con l’ampia letteratura specialistica che si occupa di statuine e delle rappresentazioni della Dea, dalla Siberia all’Artico nordamericano, e in terre lontane e diverse come l’Africa, l’Australia e le Americhe. Come è possibile allora, ci domandiamo, che la Grande Dea si stata detronizzata? Come è possibile che sia stata eclissata al punto da essere meno conosciuta degli dèi e delle dee egiziani e greci? Le risposte a queste domande si trovano in parte nei miti e nelle leggende dei Sumeri e delle civiltà successive, quelle dell’Egitto e della Grecia. Raccontano di come la Dea venne detronizzata ed espropriata da divinità guerriere maschili.”
Sicuramente le accalorate parole dell’autrice ci fanno capire quanta passione e dedizione ci sia stata nell’intraprendere questa ricerca, in più il libro è davvero ben costruito e ricco di spunti su cui riflettere. Molto interessanti sono le sue osservazioni sui reperti archeologici e sulle strutture rimaste intatte per così tanto tempo. Possiamo considerare il testo sia uno studio serio sul tema ma anche un percorso di ricerca spirituale e interiore che la stessa autrice compie nel descriverci ciò che ha trovato.
Un vero e proprio atto d’amore nei confronti di un argomento che viene ancora oggi erroneamente considerato di confine, è giunto il momento di ridefinirlo nel suo vero significato.
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