Il vento caldo soffia sulle pagine della saga Il leone di pietra e ci solletica la pelle mentre leggiamo le vicende di Šuppiluliuma I (1380 a.C. circa – 1322 a.C.), uno dei re più celebri della storia degli Ittiti, della sua seconda moglie Tawananna (1360 a.C. ca. – post 1310 a.C.), che nei romanzi è chiamata Malnigal, principessa babilonese dal carattere forte e seduttivo, e dei figli, avuti con la prima moglie Henti. Grazie al contributo di Fleur Du Mar possiamo vivere le vicende di quel popolo affascinante e misterioso e calarci nei panni dei regnanti e del meraviglioso corollario di personaggi che gravitano loro attorno, formando una serie di romanzi storici e corali con una forte componente avventurosa, ma che ci stuzzicano anche con l’amore. Il primo volume, Liuma, si concentra maggiormente sul rapporto tra Šuppiluliuma e Tawananna, e ci racconta le difficoltà di un’unione avvenuta per interesse, mettendo in evidenza anche le differenze culturali di due popoli potentissimi, in un gioco che mette insieme desiderio e politica. Il secondo volume, Nuwa, vede come protagonista il primogenito Arnuwanda II (1355 a.C. circa – 1321 a.C.), futuro re per linea dinastica, giovanissimo e ribelle, messo alla prova anch’egli dall’amore e dalle incombenze del proprio ruolo nell’impero, a cui è difficile sottostare. Entrambi i libri mettono insieme, con grande equilibrio, tutti gli ingredienti che servono per scrivere un romanzo storico avvincente, credibile, che non rinuncia né a una componente storica ben descritta, né ai sentimenti, un elemento fondamentale per far sì che il lettore e la lettrice empatizzino con ciò che stanno leggendo.
Liuma, il Divino, il re del popolo di Hatti era davvero il figlio di un Dio. I capelli non erano scuri come la terra umida e fertile bagnata dall’Eufrate, ma erano chiari e sottili; le ricordavano le immense distese di grano che d’estate attorniavano la città. Ma ciò che più di tutto la impressionò furono gli occhi: due schegge di cielo… un cielo terso, limpido, che lei non aveva ancora ammirato. Sobbalzò e trattenne il fiato quando percepì quello sguardo sul proprio corpo. L’uomo la studiò da capo a piedi, scivolò sicuro e sfacciato sulle forme messe in bella mostra e poi si soffermò sui suoi sandali rossi, che come lingue di fuoco le lambivano carezzevoli la pelle bronzea. Poi quegli occhi, dopo averla imprigionata, l’abbandonarono, e sotto il calore bruciante del sole di Babilonia Malnigal la Superba avvertì freddo.
La scrittura evocativa e seducente di Fleur Du Mar riesce a caratterizzare con grande abilità ogni personaggio, in un intreccio che non coinvolge solo i principali, ma anche i secondari, fino ai personaggi di cornice. I fatti politici e le battaglie si amalgamano alla perfezione con le vicende amorose, senza eccellere, ma anzi, dando respiro alla storia e rendendo questa saga un degno ritratto per un popolo che, per ragioni ancora sconosciute, non è ammirato, né acclamato come le altre grandi culture che tutti conosciamo. Senza dubbio, l’autrice rende omaggio agli Ittiti come meritano, dando a tutti i tipi di pubblico l’opportunità di leggere una storia grandiosa e fruibile, anche per chi non sa nulla di quello spaccato storico.
Circa una decina di anni fa mi sono imbattuta per caso negli Ittiti e mi sono resa conto che era un popolo di cui si parlava poco ma che in realtà, oltre ad avere avuto una notevole importanza storica, presentava elementi di modernità interessanti. Per questo motivo, spinta dal desiderio di conoscerli meglio, ho iniziato a fare delle ricerche. All’epoca su internet c’erano pochissimi materiali, ciò nonostante la figura di re Suppiluliuma mi ha colpito subito per due motivi. In primis perché Suppiluliuma ha rappresentato senza ombra di dubbio uno spartiacque tra un “prima”, in cui gli Ittiti erano un popolo di scarso rilievo politico nel panorama dell’epoca, e un “dopo” in cui gli Ittiti iniziano a parlare da pari con i grandi re della Mesopotamia. Il secondo motivo è di carattere sentimentale. Quando ho iniziato a curiosare nella vita di questo re, mi sono imbattuta nella figura di Malnigal di Babilonia, una donna che è passata alla storia per i suoi abiti eccessivi, per il comportamento licenzioso e per la corruzione dei costumi che, a detta di molti, avrebbe portato alla corte ittita. “Strega”, questo è l’appellativo con cui è passata alla storia. La Tawananna (titolo onorifico che indicava la regina e somma sacerdotessa) era una strega, praticava sortilegi, avrebbe ammaliato Suppiluliuma, corrotto il figlio di primo letto, Arnuwanda e addirittura ucciso la moglie dell’ultimogenito, Mursili. Ma sarà andata davvero così? Quante donne sono state accusate ingiustamente di stregoneria solo perché “diverse”? Il mio animo da scrittrice mi ha spinto a immaginare uno scenario alternativo e non per questo meno credibile.
Il percorso di ricerca è stato lungo e, soprattutto all’inizio, piuttosto difficile. Sono partita dai testi conosciuti come quelli di Trevor Bryce, di Stefano De Martino e di De Vecchi, per poi estendere la mia ricerca a testi che non sempre parlavano in modo esclusivo degli Ittiti. Questo perché mi sono resa conto che, per conoscere questo popolo, dovevo capire il contesto storico in cui si muoveva e in cui era vissuto. Ho consultato libri sui Babilonesi, sugli Egizi, sui Mitanni, mi sono avvalsa di moltissimi siti, alcuni gestiti da università straniere, per recuperare testi e articoli che mi aiutassero a immergermi non solo nella storia ittita, ma soprattutto mi permettessero di capire come vivevano, in cosa credevano, quali erano le loro abitudini di vita e che comportamenti sociali e sessuali tenessero rispetto ai popoli mesopotamici. È stato un viaggio lungo ma anche molto interessante e spero di essere riuscita, con leggerezza, a trasmettere tutto questo al lettore.
Il personaggio che in assoluto amo di più è proprio Suppiluliuma. Partiamo dal nome: “Suppi” in lingua ittita significa “magnifico”, “divino”, quindi il suo nome doveva significare Liuma il Magnifico. Nasce senza ombra di dubbio nel periodo più sfortunato per gli Ittiti ovvero quando, attaccati su tutti i fronti, avevano perso la storica capitale Hattusa. Le origini di Suppiluliuma sono avvolte nel mistero e gli storici ancora non hanno le idee chiare in merito a come e perché sia riuscito a diventare re. La teoria più accreditata è quella che lo vede assassinare suo fratello, per poi proclamarsi sovrano di Hatti. Morta la vecchia Tawananna, Suppiluliuma scaccia una moglie che gli aveva dato ben cinque figli maschi, per sposarne una, molto più giovane di lui e culturalmente agli antipodi, che doveva garantire solo un’alleanza politica con i babilonesi. È passato alla storia come un uomo duro, cinico, ma anche pudico. Mi sono chiesta quanto gli sia pesato essere re, doversi mantenere sempre all’altezza di quel titolo, “divino”, quanti sacrifici e quanta forza abbia richiesto salvare il suo popolo dalla rovina; sopportare critiche e accuse di ogni tipo solo per perseguire un disegno più grande. Mi sono innamorata di lui e ho desiderato condividere con i lettori l’idea che mi ero fatta di quest’uomo. Nessuno potrà mai sapere come fosse davvero Suppiluliuma I, ma spero di aver comunque dato di lui un’immagine che intrighi il lettore e lo porti a desiderare di saperne di più sugli Ittiti in generale e su questo re in particolare.
Gli Ittiti sono un popolo che hanno molto da insegnare. A differenza dei regni mesopotamici, avevano rispetto per gli schiavi, tanto che nel regno ittita questi avevano dei “diritti”. Inoltre sono stati un popolo molto tollerante anche in campo religioso, non è un caso che venissero chiamati il Popolo dei Mille Dei. Suppiluliuma, per quanto cinico e spietato, è stato un grande diplomatico, attento nella redazione degli accordi politici al punto da essere quasi un “ragioniere” e disposto a fare delle concessioni pur di mantenere un equilibrio che favorisse gli Ittiti, ma non umiliasse i popoli sconfitti. Credo che, vista la situazione molto tesa che c’è oggi in diverse parti del mondo, studiare quel periodo storico, soprattutto quello di Suppiluliuma, potrebbe aiutarci a comprendere meglio quanto drammatica sia la guerra e quanto importante sia la mediazione.
Non nasco come autrice di storici, non scrivo biografie e non ho la pretesa di insegnare niente a nessuno, ciò non esclude la necessità di doversi documentare in modo approfondito, soprattutto quando si parla di personaggi realmente esistiti. Scrivo storie che spero risultino avvincenti, che coinvolgano anche emotivamente il lettore. Considero la lettura un viaggio indietro nel tempo o attraverso luoghi immaginari. Mi piace scrivere di personaggi complessi, dalle mille sfaccettature e amo toccare temi scomodi e politicamente scorretti perciò, dopo la trilogia degli Ittiti che vedrà la pubblicazione dell’ultimo volume quest’anno, ho intenzione di dedicarmi a un fantasy. Talvolta raccontare di popoli e mondi fantastici è un buon escamotage per affrontare temi delicati che, in un contesto realistico, non sarebbe possibile trattare.
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