Ad oggi, il panorama letterario offre una sterminata collezione di testi che parlano di streghe. Un fenomeno globale che, per motivi simbolici e sociali, si è intensificato negli ultimi anni, rendendo questa figura femminile l’incarnazione della lotta delle donne contro i soprusi e uno stimolo a combattere il patriarcato. Sebbene, il concetto di strega si stia evolvendo rapidamente, da sempre siamo attratti dalla sua rappresentazione, e cercare di svelarne i misteri è un proposito che desta curiosità da tempo immemore. Quello che però è mancato fino ad adesso, quantomeno nel panorama letterario italiano, è una visione più ampia della narrazione a cui siamo abituati; la storia delle streghe ci affascina ma si concentra soprattutto su determinati periodi storici, su alcuni personaggi specifici, senza guardare il quadro d’insieme, come se la figura della strega, nella sua forma più malevola, fosse comparsa all’improvviso nel Medioevo, come risposta a una superstizione generalizzata e dilagante. Marina Montesano, professoressa di Storia medievale all’Università degli Studi di Messina, ci racconta qualcosa di diverso; la sua è una ricerca che ha come obiettivo quello di “dimostrare come le antiche credenze e le discriminazioni della magia e della stregoneria nella letteratura greca e romana abbiano avuto un impatto sulla costruzione dell’immagine della stregoneria in epoca moderna e dunque sulla caccia alle streghe“.
Il testo è una ricostruzione dettagliata di questo ragionamento e parte dalla magia e dalla stregoneria in Grecia, con l’analisi delle figure classiche di Circe e Medea, e la descrizione di alcune creature mitologiche, come le lamie, le arpie e le empuse; prosegue con i racconti di magia a Roma, la strega in quanto donna e la sua collocazione sociale; continua la narrazione affrontando il tema attraverso l’avvento del Cristianesimo, dalla tarda antichità al Medioevo; infine, descrive il lungo percorso che ha portato al pervertimento della figura della strega nel Rinascimento, che possiamo definire il culmine insieme alle attività perpetrate dal Sant’Uffizio nel Seicento. Un libro fondamentale per capire al meglio questo fenomeno dal punto di vista culturale e antropologico e per uscire dai soliti luoghi comuni legati alla celebre “caccia alle streghe”, ahimè, ormai diventata più un obiettivo da ricercare tra le attrazioni turistiche come meta per le vacanze.
È un processo che si è sviluppato in modo evidente, in ambito storiografico, negli ultimi decenni, al fine di colmare un vuoto. Tradizionalmente, la storia è stata raccontata da un punto di vista maschile, perché uomini erano gli storici, e con un focus sulla storia istituzionale, della quale il genere maschile è stato il principale protagonista. La rivoluzione storiografica del Novecento ha spostato l’interesse verso oggetti di studio prima inediti, e fra questi anche la storia delle donne, insieme con i gender studies e i queer studies in anni più recenti. Certamente aiuta il fatto che negli anni è aumentato il numero di storiche all’interno del mondo accademico.
L’interesse per la storia della stregoneria come oggetto di studio comincia quando la stagione della caccia alle streghe è tramontata, dunque dal Settecento, anche se è del secolo successivo l’inizio di studi propriamente detti. Emerge subito in tale contesto che le donne sono più frequentemente accusate di stregoneria, anche se non mancano uomini saliti sul patibolo per la stessa accusa. Nell’immaginario contemporaneo, soprattutto, resta viva la percezione che le donne accusate di stregoneria fra tardo medioevo ed età moderna fossero delle guaritrici, esperte di medicina popolare, demonizzate e perseguitate dalla cultura delle élites, religiose quanto laiche.
È un paradigma che è stato almeno parzialmente decostruito: in primo luogo perché in tale ambito è difficile trovare una specializzazione, nel senso che le attività alle quali si davano gli accusati di stregoneria potevano ben comprendere le pratiche mediche, ma di certo non si limitavano solo a quelle; in secondo luogo, la stessa visione così incentrata sul parametro di genere (le donne-mediche, ossia portatrici di un sapere antico legato al sesso femminile) non sempre tiene, in quanto è un ruolo che è stato spesso condiviso da uomini. Ovviamente, il ruolo simbolico che hanno rivestito dagli anni Sessanta del Novecento in poi fa parte della storia della nostra cultura e va letto alla luce delle giuste rivendicazioni del movimento femminista, anche se la ricostruzione storica è altra cosa.
A partire dai secoli tardi del Medioevo, l’apparato inquisitoriale, che nasce per perseguitare la dissidenza religiosa (quella che viene definita ‘eresia’) comincia anche a occuparsi di magia e a costruire alcuni stereotipi della stregoneria. L’esempio più importante in tal senso è il Malleus maleficarum, il ‘martello delle malefiche’, scritto appunto da un inquisitore domenicano, Heinrich Kramer, alla fine del Quattrocento. Non bisogna tuttavia dimenticare che il numero più alto di condanne capitali per stregoneria, nel corso dei secoli della caccia alle streghe, ossia fra Quattrocento e Settecento, fu pronunciato da tribunali laici. Il filo conduttore che ho seguito nel libro, partendo appunto dalla Grecia antica per arrivare al Rinascimento, è quello di concetti e parole che definiscono la maga e la strega e che vengono continuamente ripresi e reinterpretati alla luce di esigenze e contesti culturali che cambiano.
L’accusa più frequente che incontriamo è quella di ‘maleficio’, di compiere il male con atti magici o forze occulte, così come si verifica nel mondo antico, al quale ho dedicato i primi due capitoli del libro. Nel primo Medioevo ho seguito in che modo le leggi e la non molta documentazione esistente presentano le minacce occulte, a volte come superstizioni legate al paganesimo, a volte invece come possibilità reali. Più tardi e fino all’ età moderna il maleficio si lega al tema del patto con il demonio, al quale si presterebbero streghe e stregoni per compiere il male. Soprattutto, nel Rinascimento la letteratura antica che parlava di stregoneria conosce una rivalutazione importante che a mio parere ha un peso nel dare avvio alla caccia alle streghe. In conclusione, quello di maleficio è un concetto più ampio rispetto a quello di stregoneria, e dunque abbiamo deciso di sceglierlo per il titolo. Le streghe compaiono comunque nel sottotitolo.
Il culmine della caccia alle streghe lo incontriamo fra 1550 e 1650, in concomitanza con una crisi europea generalizzata. È in quest’epoca che si contano più numerose le condanne. Bisogna poi considerare che il fenomeno appare precocemente in alcuni luoghi, per esempio in Italia, ma in età moderna le condanne diminuiscono, mentre aumentano in Germania (dove saranno più numerose che altrove) e arrivano a toccare la Scandinavia, dove fino ad allora erano stati quasi assenti.
Naturalmente non abbandono questi temi che mi sono cari, dunque fra fine anno e primavera 2024 ci saranno novità editoriali che ancora non posso anticipare. Tuttavia, contemporaneamente mi sto occupando di cross-dressing in età medievale, e spero che anche questo nuovo tema di ricerca darà i suoi frutti.
Marina Montesano è una storica italiana. Insegna Storia medievale all’Università degli Studi di Messina. In precedenza ha insegnato a Genova e all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È tra i maggiori esperti di storia culturale in rapporto alla cultura folklorica, alla magia, alla stregoneria, nonché di rapporti fra Occidente e Oriente nel Medioevo.
Riferimenti di Marina Montesano