Trovo molto interessante che il cristianesimo dell’Occidente medievale, come anche quello moderno, abbia condannato, e lo fa tuttora, la superstizione, distinguendola dai propri riti e precetti, quando, scandagliando la natura e il suo sviluppo, scopriamo che in realtà ne è intrisa. Ma cosa significa il termine “superstizione”? Jean-Claude Schmitt, professore alla prestigiosa École des Hautes Études en Sciences Sociales dal 1983, esamina il suo significato collocandolo all’interno della religione cristiana, descrivendone il fascino e le caratteristiche più conturbanti, in una raccolta “di quella cultura alternativa del sacro, condannata come superstiziosa dalla Chiesa e tuttavia sempre riemergente.” Infatti, ciò che emerge dalle pagine di questo breve saggio è un corollario di stranezze, tra cui: fate benefiche, visioni di fantasmi, diavoli, raduni di streghe, riti magici, folletti, miracoli, fenomeni di possessione, necromanzia, tempestarii, incantatori, e tanto altro. Il punto di forza del testo, oltre alla prosa limpida e divulgativa, è il mettere in evidenza, da parte del professore, il continuo scambio tra cultura pagana e cristiana, che diventa contaminazione e nella quale neanche più il clero riesce a districarsi.
Se la Chiesa cercò fin dalle origini di respingere le “superstizioni” fu perché vedeva in esse delle sopravvivenze del paganesimo e la prova dell’ossessiva influenza dei demoni e del diavolo sullo spirito degli uomini. Ma durante tutto l’Alto Medioevo sul modo in cui i chierici intesero le superstizioni e le combatterono pesarono anche parecchio le condizioni sociali dell’instaurazione e della diffusione del cristianesimo.
La Chiesa non condannava, come potremmo fare oggi, il principio dell’efficacia simbolica che agiva nelle pratiche di guarigione da essa giudicate “superstiziose”. Non era, l’efficacia simbolica in genere, il fondamento del suo potere sugli uomini? L’intervento di un sacerdote, la presenza di reliquie riconosciute autentiche, la recita di una preghiera in debita forma, per non parlare dei miracoli compiuti da un santo in vita o in morte per mezzo di reliquie, non differivano dai filatteri e dalle invocazioni condannate; ma portavano il marchio di riconoscimento che bastava ad autenticarli.
Il testo ha diversi pregi: prima di tutto la sintesi, l’autore è riuscito a condensare in poche pagine una serie di elementi decisivi che, per chi fa ricerca, sono un ottimo punto di partenza per degli approfondimenti. L’obiettività, Schmitt non si schiera né dalla parte del paganesimo né dal cristianesimo, ma riconosce in entrambe le culture virtù e incoerenze. Le curiosità, troverete aneddoti e cronache inusuali, che vi daranno un quadro ben delineato del periodo. L’organizzazione degli argomenti, seppur breve è una raccolta ben strutturata e agevole nella consultazione, e soprattutto, detiene una mirabile Bibliografia.
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