Tutti pronti per fare incetta di libri da leggere in vacanza! Le letture estive sono spesso e volentieri avventurose, frizzanti e scorrevoli, che facciano evadere dalla realtà! Eppure, molti lettori e lettrici, come me, prediligono testi più impegnativi, proprio perché hanno più tempo da dedicare alla lettura e cercano di smaltire i libri accatastati sul comodino! Le case editrici non si risparmiano di certo! VEDIAMO COSA HANNO RISERVATO PER NOI PER IL MESE DI LUGLIO CON LE NUOVE USCITE IN LIBRERIA!
Tokyo, 1912. Dopo la guerra russo-giapponese, l’alta società nipponica, convenzionale e tradizionalista, ossessionata dal decoro, dal rispetto delle apparenze e dalla conformità a regole antiche, deve affrontare una realtà che sta rapidamente mutando. A vivere queste tensioni su di sé è il giovane Kiyoaki Matsugae, appartenente a una famiglia di Samurai, figlio di marchesi ma cresciuto nella più aristocratica casa dei conti Ayakura, vicina alla corte imperiale. Il dissidio fra tradizione e mutamento si intreccia per Kiyoaki con i suoi confusi sentimenti per la bella e intraprendente Satoko Ayakura, accanto alla quale è cresciuto e dalla quale sarebbe ricambiato, se solo lui riuscisse a fidarsi di lei e delle proprie emozioni. Ma l’orgoglio e il timore che i propri slanci gli si possano ritorcere contro inducono Kiyoaki a comportamenti contraddittori ed esitazioni fatali. A consigliarlo e aiutarlo l’amico Honda Shigekuni, un giovane concreto e positivo, più maturo e consapevole di lui, costretto ad assistere come muto testimone ai mille moti contrastanti dell’animo del ragazzo e alle sue scelte sconsiderate, che potrebbero portare lui e Satoko su una strada da cui è impossibile deviare.
Se nel Mulino di Amleto ci ha introdotto al «pensiero arcaico», mostrandoci come il mýthos, che si vorrebbe contrapposto al lógos, sia invece a sua volta una «scienza esatta», qui Giorgio de Santillana si sofferma sull’impronta lasciata da quelle remote scaturigini sulla forma mentis tecnoscientifica. In questa cornice il «pensiero scientifico» delle origini, tra cesure e continuità rispetto a quello «mitico», assume connotazioni inedite, in un percorso millenario che va da Parmenide a Eraclito a Pitagora, dalla medicina della scuola ippocratica alla svolta fisicocosmologica di Leucippo e Democrito, dai sofisti e Gorgia alla grande cattedrale platonica e alla sintesi di Aristotele, per arrivare a Tolomeo e Plutarco. E alla fine del percorso risalterà nitidamente non solo come le conquiste della «scienza greca» siano state il punto di partenza della nostra scienza, ma anche come l’usurata contrapposizione tra sapere umanistico e scientifico costituisca, fin dalle origini, una prospettiva deviante e infondata.
Bambole che prendono vita, distorsioni temporali, case dotate di un’anima, corpi che non si riflettono negli specchi: come raccontare il brivido che proviamo quando, scrutando tra le pieghe della realtà, scopriamo che ciò che ci era familiare assume un volto inquietante e terrorizzante? La narrativa perturbante fa leva sulle paure più ataviche ed esistenziali di ognuno di noi e mette in discussione la visione del mondo che abitiamo. Giorgia Tribuiani, affermata scrittrice di questo topos letterario, in questo manuale parte dalle teorizzazioni di Sigmund Freud e dalle principali caratteristiche del perturbante, per affrontarle in chiave narrativa: l’invenzione dell’incipit, la costruzione dei luoghi e delle scene, i meccanismi di svelamento, l’affidabilità o meno del narratore. Quindi la “soglia”, la “crepa” nelle leggi di natura e il labile confine tra reale e fantastico. A una prima parte teorica corredata di esempi e modelli, ne segue una di stampo laboratoriale dove autori come E.T.A. Hoffmann, Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft, David Lynch e Roman Polanski diventano compagni di un percorso privilegiato per creare testi che lascino il pubblico con il fiato sospeso. Scrivere il perturbante è il primo di tre titoli dedicati alla costruzione dei generi fantastici e del mistero.
Pubblicato originariamente nel 1932 e finora inedito in Italia, La casa sulla scogliera ha tutte le caratteristiche tanto amate dai lettori di gialli classici: non una, ma ben due isolate dimore appollaiate su una scogliera, un delitto commesso in una stanza chiusa a chiave dall’interno (in realtà sono due anche questi), un paio di piantine per seguire con più facilità la storia e una straordinaria atmosfera carica di tensione e mistero. Gli eventi prendono il via in una tarda sera di ottobre quando, nella stanza a cupola che si trova in cima a una delle grandi case gemelle a picco sul mare del Maine, vie ne trovata morta la giovane e bella Garda Lawrence. Chi scopre il suo cadavere è “Spider” Meech, un famoso e anziano detective che spesso ha aiutato la polizia a risolvere difficili casi e che si era preso cura di Garda quando lei era rimasta orfana. La sera prima del delitto, il vento tempestoso, infilandosi fra le rocce della scogliera, aveva fatto sentire il suo ululato simile a un grido disperato, un suono che gli abitanti di quei luoghi hanno imparato a temere perché la leggenda vuole che sia presagio di morte. Passeranno solo poche ore e il vento farà di nuovo sentire il suo urlo. Chi sarà la prossima vittima tra le dieci persone rimaste nella casa? E chi l’assassino?
Questo volume, curato da Massimo Scorsone con prefazione di Diego Gabutti, contiene i romanzi Il drago e il Giorgio, Il cavaliere drago e Il drago sul confine.
Chiudete gli occhi e immaginate un mondo fatto di castelli, audaci cavalieri, mostri diabolici, coraggio, avventura e l’eterna lotta tra il Bene e il Male. Anche Jim Eckert, matematico del XX secolo, e sua moglie Angie immaginavano questo mondo
prima di trovarcisi immersi e scoprire che la fantasia può diventare realtà. Catapultati in un universo alternativo che somiglia all’Inghilterra del Trecento, i due imparano a cavarsela nelle nuove vesti di Sir James e Lady Angela, quando all’improvviso Jim viene trasformato in un drago Ispirati alla leggenda di san Giorgio, i romanzi di Gordon R. Dickson trascinano il lettore in un mondo incantato, un “Medioevo alla rovescia” tra lupi mannari, fate sinistre, belle castellane, cavalieri inesistenti. E ovviamente draghi.
Molto prima che Roma cadesse in mano agli Ostrogoti nel 476 d.C., una nuova città era sorta per prendere il suo posto come cuore pulsante di un impero tardoantico, la meravigliosa Costantinopoli: la Nuova Roma. In questa ampia e originale ricostruzione del crollo dell’Impero romano d’Occidente, Paul Stephenson offre una nuova interpretazione delle forze – dinastiche, religiose, climatiche – che spostarono il centro del potere a est. Stephenson non si accontenta dei testi tradizionali e dei ben noti reperti archeologici, ma offre una nuova interpretazione scientifica della fine dell’Antichità. Nell’originale prospettiva dell’autore, il declino di Roma è scritto non solo nelle pergamene, ma anche nelle carote di ghiaccio e nel Dna. E da queste e altre fonti apprendiamo che l’inquinamento e le pandemie influenzarono il destino di Costantinopoli e dell’Impero romano d’Oriente. Nel corso dei secoli, l’Impero d’Oriente seppe sopravvivere a devastazioni causate da disastri naturali, dal degrado dell’ambiente umano e da agenti patogeni che le città dell’Impero, densamente popolate e insalubri, non avevano ancora conosciuto. Nonostante la «peste di Giustiniano», le costanti invasioni dei «barbari», una guerra con la Persia e l’ascesa dell’Islam, l’Impero resistette come entità politica. Mentre la civiltà greco-romana, un mondo di città interconnesse che aveva condiviso una cultura materiale comune per un millennio, non ci riuscì. Quella vasta realtà si trasformò in un mondo con delle nuove idee su politica, religione, arte e guerra e sul futuro stesso di un impero cristiano: Bisanzio.
Tokyo, 1938. Quattro musicisti dilettanti, appassionati di musica classica occidentale, si incontrano regolarmente al Centro Culturale per suonare. Il quartetto è formato dal giapponese Yu, insegnante di inglese, e tre studenti cinesi: Yanfen, Cheng e Kang. Questi ultimi sono rimasti a Tokyo nonostante l’invasione giapponese della Cina e la spirale di violenza e odio che aveva provocato. Un giorno, però, la musica è brutalmente interrotta dall’irruzione di alcuni militari. Il violino di Yu viene distrutto da un soldato e i quattro, sospettati di complottare contro l’Impero, vengono arrestati. Nascosto in un armadio, Rei, il figlio undicenne di Yu, ha assistito alla scena, ma sfugge alla violenza dei soldati grazie al tenente Kurokami che, invece di denunciarlo, lo lascia andare e gli affida il violino del padre ormai in pezzi. Questo evento costituisce per Rei la prima ferita che segnerà tutta la sua vita. Giunto in Europa grazie a un amico francese del padre che lo adotta, diventa uno dei più bravi liutai del mondo. Quando, ormai anziano, viene a conoscenza di una giovane e talentuosissima violinista giapponese che, in un’intervista, aveva dichiarato che l’amore per lo strumento le era stato tramandato da un nonno militare, incuriosito dalla coincidenza, decide di scriverle. Rei conoscerà così Midori, nipote del tenente Kurokami che lo aveva graziato, e, insieme a lei, riscoprirà la storia della scomparsa del padre e dell’uomo che, in quell’occasione, gli aveva salvato la vita. “Anima spezzata” è un romanzo commovente e delicato che affronta le questioni della memoria, dello sradicamento e della difficile elaborazione del lutto. Una trama che unisce Oriente e Occidente, tra l’alba della Seconda guerra mondiale e il nostro presente. In questo libro di Akira Mizubayashi, letteratura e musica diventano la materia stessa della vita, arrivando a sfidare la morte e il tempo che passa.
È ora finalmente disponibile in italiano il libro che uno dei più importanti storici dell’arte del Novecento ha terminato pochi mesi prima della sua scomparsa. Con La preferenza per il primitivo Gombrich ci offre l’interpretazione unitaria, compiuta e avvincente di un ambiguo fenomeno psicologico che ha segnato l’arte e la cultura occidentali da Platone fino a Picasso: il rifiuto di forme espressive elaborate e decadenti in favore di manifestazioni considerate più antiche, sane e appunto primitive. Da dove nasceva questo bisogno? Perché sotto la categoria di primitivo poterono essere compresi tanto i dipinti di Botticelli quanto le maschere dell’arte africana? E soprattutto, come mai queste apparenti fughe all’indietro hanno invece avuto come paradossale risultato quello di essere uno dei più potenti motori di sviluppo artistico? Ripresentandosi con frequenza ritmica nella storia occidentale, la preferenza per il primitivo ha plasmato l’arte e il gusto, producendo conseguenze che Gombrich indaga con un singolare misto di passione e distacco e con un’ampiezza di riferimenti documentari e teorici pari solo alla sua vivacità nel maneggiarli. Inoltre, come si mostra nell’introduzione a questa edizione italiana, i risultati a cui approda in questo libro frutto di oltre quarant’anni di lavoro portano Gombrich a ripensare la sua stessa traiettoria scientifica. Se in Arte e illusione aveva studiato la tendenza a spiegare l’evoluzione degli stili in termini di progresso verso l’imitazione della natura, qui egli indaga il rovescio della medaglia: «non dovrebbe stupire che abbia trovato entusiasmante e importante esplorare un principio psicologico opposto a quello tradizionalmente adottato: la repulsione nei confronti di quella perfezione verso la quale si riteneva che l’arte dovesse tendere». Solo tenendo conto di questo dualismo e delle tensioni da esso innescate riusciamo a capire la logica con cui sono state prodotte molte delle immagini che ci circondano, perché «le conseguenze pratiche di questi sviluppi sono ancora tra noi».
All’origine c’è Rosa. Nata nella Sicilia di inizio Novecento, cresciuta in un paesino arroccato sulle montagne, rivela sin da bambina di essere fatta della materia del suo nome, ossia di fiori che rispuntano sempre, di frutti buoni contro i malanni, di legno resistente e spinoso. Al padre e ai fratelli, che possono tutto, non si piega mai sino in fondo. Finché nel 1925 incontra Sebastiano Quaranta, che “non aveva padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonarle”. È un amore a prima vista, dove la vista però non inganna. Rosa scappa con lui, si sposano e insieme aprono un’osteria, che diventa un punto di riferimento per la gente dei quattro paesi tutt’intorno. A breve distanza nascono il bel Fernando, Donato, che andrà in seminario, e infine Selma, dalle mani delicate come i ricami di cui sarà maestra. Semplice e mite, Selma si fa incantare da Santi Maraviglia, detto Santidivetro per la pelle diafana, sposandolo contro il parere materno. È quando lui diventa legalmente il capofamiglia che cominciano i guai, e un’eredità che era stata coltivata con cura viene sottratta. A farne le spese saranno le figlie di Selma e Santi: Patrizia, delle tre sorelle la più battagliera, Lavinia, attraente come Virna Lisi, e Marinella, la preferita dal padre, che si fa ragazza negli anni ottanta e sogna di studiare all’estero. Su tutte loro veglia lo spirito di Sebastiano Quaranta, che torna a visitarle nei momenti più duri.
Milioni di copie vendute in Russia, traduzioni in tutto il mondo: la fantascienza non è mai stata tanto attuale.
Arkanor è un pianeta lontano, abitato da una società tardo medioevale. Tartassato da predoni e assassini fascistoidi pronti a sterminare chiunque pensi con il proprio cervello, o peggio si dedichi a filosofia, musica, arte. Dalla Terra sbarcano gli ‘osservatori’: uomini ricchi, potenti, visti dagli abitanti come veri e propri dei. Anton è uno di loro: distaccato presso l’Istituto di storia sperimentale, salva alcuni intellettuali, addirittura li traghetta su altri pianeti. I colleghi lo convincono ad agire nell’ombra, a non interferire con la storia del pianeta e seguire invece il codice deontologico degli ‘osservatori’. Ma quando la compagna viene brutalmente uccisa, abbandona ogni freno divino e scatena un bagno di sangue. Uno scenario che ricorda drammaticamente il nostro, una denuncia durissima di ogni possibile regime totalitario.
Un nuovo e sorprendente libro-inchiesta di Frank Westerman che offre una prospettiva completamente nuova sull’astronomia e sui viaggi nello spazio.
Giordano Bruno, Galileo, Huygens: è dalle loro storie che comincia il viaggio cosmico di Frank Westerman. Ogni volta che uno scienziato ha puntato il suo telescopio verso il cielo, l’universo si è allargato e gli esseri umani si sono scoperti più piccoli. Se non siamo al centro dell’universo, chi siamo? Una domanda che porta l’autore ai quattro angoli del globo, sulle tracce di chi il cosmo lo ha studiato o visitato di persona: in India, patria di un programma spaziale avveniristico, in Kazakistan, da cui partirono gli Sputnik, per poi tornare nei Paesi Bassi, dove per la prima volta è stato fotografato un buco nero. Con il conforto della scienza, l’umanità che oggi si affaccia sullo spazio parla di cooperazione e pace: così la stazione spaziale internazionale ha ospitato astronauti da tutto il mondo, e con le sonde Voyager è stato mandato nel cosmo un disco con la musica di Mozart, nella speranza che un alieno sia in grado di ascoltare, un giorno, di cosa siamo capaci. Eppure, quando l’uomo mosse i primi passi fuori dall’orbita terrestre, in piena Guerra fredda, il nostro piccolo pianeta era sull’orlo dell’armageddon nucleare, e nei Paesi Bassi uno dei radiotelescopi più potenti del mondo sorge sulle macerie di un campo di prigionia nazista. Dobbiamo aspettarci che presto ogni nazione rivendichi per sé un pezzetto di cielo? Con un fiuto infallibile che dalle storie più piccole lo porta a interrogarsi sui grandi temi del presente, Frank Westerman esplora i sogni e le contraddizioni della cosmonautica, cercando di capire se è vero che tra le stelle vorremmo trovare un mondo migliore, ma soprattutto se saremo in grado di costruirlo.
Il libro affronta i principali eretici medievali – Arnaldo da Brescia, Valdo di Lione, Dolcino da Novara, Wyclif e i valdesi, i catari, i templari, i lollardi, gli hussiti – , ma anche le eretiche (Guglielma, Margherita Porete, Margherita “la bella”, Giovanna d’Arco, oltre alle apostole e alle beghine). L’attenzione è all’identità – chi erano? come sono stati percepiti e tramandati? – fino al loro riemergere nel XX secolo con i modernisti e gli scritti di Mussolini per Jan Hus.
A dispetto di un’ingiusta ma proverbiale fama di misoginia, il Medioevo è stato un periodo fecondo per tante donne che hanno affidato alla pagina scritta riflessioni e idee, lasciando una indelebile traccia di sé in tutti i generi letterari. Si tratta di un patrimonio di inattesa ricchezza, di letteratura a volte straordinaria e però non accolta o rimossa da un canone per lo più precluso alle presenze femminili.
Questa antologia racconta un Medioevo diverso. Presenta quarantacinque scrittrici – alcune ben conosciute, altre meno, altre per niente studiate – che si sono espresse nelle tante lingue dell’Europa medievale: latino, greco, italiano, francese, provenzale, medio-tedesco, ibero-romanzo, arabo, ebraico.
È con la rivoluzione scientifica che, a partire dal Seicento, si compie quella trasformazione radicale del modo di guardare al mondo che ha posto le basi del nostro essere moderni. Paolo Rossi, uno dei più grandi storici della scienza, ricostruisce con mirabile vividezza la storia della più importante di tutte le rivoluzioni compiute dall’uomo.
La nuova astronomia, le osservazioni compiute con il cannocchiale e il microscopio, il principio di inerzia, gli esperimenti sul vuoto, la circolazione del sangue, le grandi conquiste del calcolo. E insieme le grandi idee e i grandi temi che furono centrali nel corso della rivoluzione scientifica: il rifiuto della concezione sacerdotale o ermetica del sapere, la nuova valutazione della tecnica, il carattere ipotetico o realistico della nostra conoscenza del mondo, i tentativi di impiegare i modelli della filosofia meccanica, la nuova immagine di Dio come ingegnere o orologiaio, l’introduzione della dimensione del tempo nella considerazione dei fatti naturali. Questa materia immensa, questa nuova immagine del mondo, è affrontata con facilità, trasparenza, precisione e rara passione da Paolo Rossi, storico della filosofia e della scienza. «Ciò che chiamiamo ‘scienza’ acquistò in quegli anni alcuni di quei fondamentali caratteri che ancora oggi conserva e che giustamente apparvero ai padri fondatori qualcosa di nuovo nella storia del genere umano: un artefatto o un’impresa collettiva, capace di crescere su se medesima, volta a conoscere il mondo e a intervenire sul mondo. Quell’impresa, che certo non è innocente, né mai si è ritenuta tale, a differenza di quanto è avvenuto per gli ideali politici, le arti, le religioni, le filosofie, è diventata una potentissima forza unificatrice della storia del mondo».
Da più di cento anni, in tutti i paesi del mondo il protagonismo delle donne è diventato un elemento costitutivo della vita politica, culturale e religiosa, perché ha fatto emergere ingiustizie non più tollerabili e ha posto interrogativi da cui dipende la qualità della vita di tutti. Nei vari ambiti religiosi esso si configura anche come una richiesta, se non già come un’assunzione, di leadership. Ne sono espressione le sette testimonianze raccolte in questo libro, che mettono in luce anche il volto di un’Italia multireligiosa per molti ancora inedita.
Come Plotino in Occidente, uno dei grandi pensatori dell’India, Abhinavagupta (X-XI secolo), nel contempo il più insigne maestro spirituale del Tantrismo, si interroga su che cosa sia la bellezza e quale sia l’essenza dell’esperienza estetica. Sono pagine acutissime, presentate per la prima volta al pubblico italiano da uno dei nomi più illustri dell’indologia internazionale, Raniero Gnoli. Abhinavagupta parte dal teatro e dalla letteratura ornata per approdare a una visione complessiva dell’homo aestheticus e al labile confine che lo separa dall’homo religiosus.
La Dea degli Ebrei ha lo scopo di dimostrare che la religione popolare ebraica, lungi dall’aderire a un rigido monoteismo, conteneva fin dai tempi più remoti forti elementi politeisti, il principale dei quali era il culto della Dea Madre, sposa consorte del Dio della Bibbia. La verità religiosa dell’esistenza di una dea, amorevole quanto terribile, in armonia coniugale o in contrasto rivendicante, a fianco di un Dio unico e onnipotente si manifestò trionfalmente in quella che può essere chiamata la svolta cabbalistica, in cui la dottrina mistico-mitica di Dio e della Sua Shekhinah si è inserita e ha mantenuto la sua presa. Dalla dea Asherah fino alla Shekhinah e alla Lilith della Kabbalah, l’esigenza spirituale popolare di una forza femminile compagna del Re del Mondo non si è mai sopita, è la Dea degli Ebrei.
In omaggio con questo libro Il diario delle erbe e degli incantesimi*. Tre donne. Cinque secoli. Un segreto.
Un appassionante romanzo che racconta la storia di tre donne appartenenti a epoche diverse ma legate da un segreto troppo pericoloso per essere rivelato.
Kate, 2019
Kate fugge da un marito violento lasciandosi alle spalle la sua vita a Londra e cercando rifugio in campagna, al Weyward Cottage, ereditato dalla prozia. Le mura di quella vecchia casa custodiscono un segreto, nascosto lì dai tempi della caccia alle streghe.
Violet, 1942
L’adolescente Violet è più interessata a collezionare insetti e ad arrampicarsi sugli alberi che a diventare una vera signorina. Finché una catena di eventi sconvolgenti non cambierà per sempre la sua vita.
Altha, 1619
Altha è sotto processo per stregoneria, accusata di aver ucciso un uomo del posto. Conosciuta per la sua misteriosa connessione con la natura e gli animali, è una minaccia che deve essere eliminata.
Ma le donne Weyward appartengono alla natura selvaggia. E non possono essere addomesticate. Intrecciando tre storie attraverso cinque secoli, Weyward è un avvincente romanzo sulla resilienza femminile.
Uno dei primi capolavori di Hilary Mantel, la regina del romanzo storico due volte vincitrice del Booker Prize, viene pubblicato per la prima volta in Italia in un volume unico. La storia segreta della Rivoluzione francese è un viaggio attraverso un’intera epoca, ma anche la magistrale prova d’autore di una scrittrice che del talento di cucire la grande Storia con le storie più intime e private dei suoi personaggi ha fatto la propria, inconfondibile cifra stilistica.
Parigi, 1784. Pochi anni prima della Rivoluzione. Camille è un giovane avvocato smaliziato e dalle idee stravaganti, un enfant terrible attorno al quale si affollano pettegolezzi di ogni genere; Georges-Jacques, anche lui avvocato, è un colosso dal viso sfregiato accanto al quale gli altri uomini appaiono piccoli, deboli, sottomessi; Maximilien è un giovane procuratore sempre dalla parte degli oppressi. Gli amici li chiamano per nome, ma nei tribunali sono conosciuti come Desmoulins, Danton e Robespierre. Nati in provincia da famiglie che li avrebbero voluti sistemati con un matrimonio combinato e una vita convenzionale, ma decisi a non accontentarsi, i tre sono riusciti a completare gli studi e ad arrivare a Parigi, dove proprio in quegli anni «tutte le persone giuste si stanno radunando». Centro del mondo per eccellenza, la Parigi del 1784 è il luogo dove si decidono le sorti dell’intera Francia, ma anche una città in cui i poveri muoiono di fame e i cadaveri giacciono ammucchiati agli angoli delle strade. Una città tesa fra l’austerità dell’ancien régime e l’idea di un mondo nuovo e più giusto come quello che i giovani discutono nei caffè e nei circoli. E in questo clima, mentre il malcontento inizia a fermentare in tumulti e improvvisi scoppi di violenza, saranno proprio Robespierre, Danton e Desmoulins a incarnare le speranze di un’intera generazione e a legare il loro destino di eroi tragici alla Rivoluzione, ignari del fatto che le forze che contribuiranno a liberare cambieranno il mondo ma distruggeranno le loro vite.
Lettere a familiari, amici, lettori, scrittori, traduttori; lettere d’occasione; lettere destinate a un’immediata pubblicazione, o strettamente confidenziali. Scarni resoconti, ampie riflessioni, talora veri e propri “saggi epistolari”. Le oltre mille lettere presentate e annotate in questo volume (che riprende e arricchisce di un centinaio di inediti il volume uscito nei «Meridiani» nel 2000) sono molto diverse l’una dall’altra per consistenza e tono. L’epistolario calviniano selezionato da Luca Baranelli si presenta al lettore come un labirinto, che da un lato fornisce una grande quantità di notizie per ricostruire molte fasi importanti della storia culturale e civile del Novecento italiano; dall’altro consente di seguire passo dopo passo il cammino creativo, intellettuale e psicologico di Calvino, dalla formazione durante gli anni della guerra, della Resistenza e del dopoguerra all’impegno civile e politico, dal lavoro editoriale al riconoscersi e interrogarsi come scrittore. E “scrittore” Calvino appare fin da subito, vero maestro di brevitas e di sintesi, ma anche di lucida argomentazione, che persino nei testi più rapidi e informali riesce a raggiungere un altissimo livello concettuale e stilistico.
Dagli autori de Il diritto dei lupi, una spy story piena di fascino tra il crepuscolo della Repubblica e l’alba della dittatura. 72 a. C. Roma è una città sempre più corrotta, prossima a perdere la propria identità per entrare in una nuova èra. Marco Tullio Cicerone è un oratore giunto a un punto decisivo della carriera, Tito Annio Tuscolano un ex centurione disincantato. Unendo i loro talenti a quello di Flavia Polita, carismatica lenona della Suburra, sveleranno il gioco d’ombre messo in piedi per confonderli e fronteggeranno un complotto che potrebbe far riesplodere la guerra civile. Dagli autori de “Il diritto dei lupi”, una spy story piena di fascino tra il crepuscolo della Repubblica e l’alba della dittatura. Ingaggiati forzatamente per una missione ad alto rischio, Marco Tullio Cicerone e Tito Annio Tuscolano devono impedire a un gruppo di fanatici di attizzare il fuoco dei conflitti sociali. Con loro Flavia Polita, che nella vicenda ha un interesse personale. Intanto, sullo sfondo, vanno in scena le rivolte di Sertorio e Spartaco, la guerra contro Mitridate e le manovre politiche dei due ambiziosi pretori in carica, Marco Licinio Crasso e Quinto Ortensio Ortalo. Una matassa ingarbugliata che metterà alla prova l’intelligenza di Cicerone, l’esperienza di Tito, il coraggio di Flavia. E nella quale rimarranno impigliate donne risolute e letali, dal destino tragico, in cerca di vendetta.
Francia, primavera 1943. Gli echi del conflitto che sconvolge l’Europa intera arrivano attutiti tra le mura dello studentato della cittadina di Milon, dove Jean Tarendol si prepara a sostenere gli esami finali. Figlio di contadini e orfano di padre, sogna di trasferirsi in città per diventare architetto, finché un sentimento nuovo sopraggiunge a scombussolare la sua esistenza: l’amore per Marie, inavvicinabile figlia della direttrice della scuola femminile. Mentre la passione fra i due adolescenti esplode, una calunniosa denuncia alla Gestapo sconvolge la straniata sospensione di quei giorni di cortile e costringe Jean e alcuni suoi compagni alla fuga. È l’inizio di un periplo che lo porterà finalmente a Parigi. La capitale è sconvolta dalle miserie dell’occupazione ma anche animata da un indomito spirito di resistenza e altruismo. Pubblicato nel 1946, “Tarendol” è il grande romanzo d’amore di René Barjavel, il più atipico e commosso dei suoi libri: ritratto di una società rurale società rurale società rurale scomparsa, in cui i sentimenti individuali si intrecciano alle tragedie della Storia e cercano il loro riscatto.
È il 1945, la guerra è finalmente finita. Claire Randall, ex infermiera della Royal Army, sta trascorrendo una seconda luna di miele nelle Highlands scozzesi assieme al marito Frank, professore di storia a Oxford. Durante una passeggiata, Claire viene catturata dal misterioso cerchio di pietre eretto sulla collina di Craigh na Dun: inconsapevole viaggiatrice nel tempo, si ritrova straniera in terra straniera – una sassenach –, catapultata all’improvviso in un paese devastato dai conflitti e diviso tra i clan. È l’anno del Signore 1743. In quel mondo intriso di passione e violenza, superstizioni e infide alleanze, la vita di Claire è in costante pericolo. E anche il suo cuore: l’unico su cui possa contare è il giovane Jamie Fraser, guerriero scozzese ricercato dalle Giubbe Rosse, con cui instaura un rapporto via via più profondo. Talmente profondo da farle mettere in discussione tutto ciò che ha contato per lei fino a quel momento e lasciarla lacerata tra due uomini, due epoche… e due destini.
Tredici appassionanti racconti ambientati nell’antichità, undici dei quali inediti in Italia, in cui Arthur Conan Doyle ci propone la sua visione della Storia, intrecciando eventi realmente avvenuti con creazioni della sua ricchissima fantasia. Dalla minaccia degli Unni sui confini dell’Impero Romano all’abbandono della Gran Bretagna da parte delle legioni romane; dalla nascita del Cristianesimo alla diffusione della parola di Maometto: guerre, invasioni, conflitti religiosi, narrati in stili che spaziano dal racconto tradizionale in terza persona, all’epistola, al diario. Con alcuni imperdibili salti nel fantastico e nel soprannaturale.
Partendo dalla misteriosa Basilica Neopitagorica di Porta Maggiore, scrigno del pensiero del filosofo di Samo, l’idea di un ordine del mondo che prende forma nel numero è il principio guida che ci permette d’interpretare alcuni monumenti e complessi urbanistici dalle origini di Roma alla contemporaneità. Analizzare la nascita e lo sviluppo della tradizione pitagorica romana significa porla in relazione con le altre correnti della cultura esoterica che hanno animato la capitale. Il viaggio nella tradizione pitagorica romana, riguarda anche l’arte, la musica e l’architettura che, fra Ottocento e Novecento, utilizzano ampiamente le forme geometriche di derivazione pitagorica per elaborare quel processo di astrazione che caratterizza gran parte dell’arte contemporanea.
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