Come ogni inizio del mese sono pronta per anticiparvi le nuove uscite in libreria di febbraio ma, soprattutto, consigliarvi i libri più interessanti per quanto riguarda la storia, l’archeologia, la narrativa storica, e alcune declinazioni sul genere!
Che lingua parla la storia? Con quali parole è possibile pensarla? Uno dei migliori storici dell’età contemporanea prova a rispondere a queste domande con semplicità e arguzia. Ha scelto un centinaio di parole, alcune di uso comune altre più tecniche, e ne ha discusso il significato e la definizione attraverso un personalissimo percorso semiserio, che incrocia le discipline e le epoche. Per fare storia non basta infatti viverla, ma bisogna imparare a dirla: apprenderne la lingua.
Il mito di Atene e del suo splendore culturale resiste da millenni in Occidente. Ma Atene era anche una città “normale”, nella quale migliaia di uomini lavoravano, commerciavano, litigavano nei tribunali, combattevano in continue guerre, gestivano i rapporti con gli dèi. E in cui le donne vivevano ai margini di una società profondamente maschilista e moltissimi schiavi facevano parte del panorama quotidiano. Attraverso dodici contributi di specialisti, italiani e stranieri, il libro intende offrire un quadro a tutto tondo di ciò che significava vivere ad Atene in età classica.
Le storie affascinanti di uomini e donne che hanno combattuto per vivere secondo le virtù senza tempo professate dagli stoici: coraggio, giustizia, temperanza e saggezza. Strutturato in piacevoli mini-biografie che narrano la vita delle figure più note dello stoicismo, ma anche dei suoi rappresentanti meno conosciuti, il libro racconta in modo vivido cosa rappresentasse questa corrente filosofica per le persone che la amavano e che vivevano secondo i suoi dettami, rispolverando i loro importanti insegnamenti per permetterci di imparare ancora oggi dalle fatiche e dai successi di chi ci ha preceduto. Holiday e Hanselman ridanno luce ai valori e alle idee fondamentali condivisi da figure come Seneca, Catone e Cicerone nel corso dei secoli. Ogni esempio riportato, da Epitteto a Marco Aurelio, dagli schiavi agli imperatori, è stato scelto per aiutare i lettori ad applicare la filosofia stoica alla propria vita. Gli insegnamenti contenuti in questo libro – che invitano a scegliere il dominio di sé e la virtù, riservando indifferenza verso tutto ciò che non sia sotto il nostro controllo – sono urgenti oggi tanto quanto lo erano nel pure caotico mondo classico.
L’Europa nel Medioevo era un mondo aperto, varcato e attraversato da migliaia di uomini in movimento, assieme alle loro idee. Prelati e monaci percorrevano distanze anche molto lunghe da un monastero o un’abbazia all’altra per visitare comunità o impiantarne di nuove. Penitenti e pellegrini intraprendevano lunghi viaggi allo scopo di visitare i sepolcri dei martiri o le vestigia di Cristo, per non parlare di quelle forme particolari di pellegrinaggio che furono le crociate o le ben note migrazioni di popoli. Senza scordare i mercanti, che via mare e via terra, oltre alle loro merci, trasportavano idee, immagini, racconti, forme artistiche, invenzioni a loro volta acquisite ed ereditate – in Siria come in Egitto, in Africa come in Spagna e in Sicilia – dal millenario patrimonio della tradizione orientale ed ellenistico-romana.
Questo volume corona la monumentale opera che Festugière ha dedicato all’ermetismo e alla filosofia religiosa sotto l’Impero. Dopo aver studiato nei tre volumi precedenti l’astrologia e le scienze occulte, il Dio cosmico e le dottrine dell’anima, l’autore dedica al Dio ignoto e alla Gnosi uno studio non meno significativo e non meno erudito. Il problema qui affrontato è quello della conoscenza del Dio trascendente. La nozione di questo Dio, inconoscibile e ineffabile, non viene dall’Oriente, secondo Festugière, ma risulta dalle tradizioni pitagoriche e platoniche. La conoscenza mistica di Dio trattata nella seconda parte del libro, che include anche una preziosa sezione sullo sviluppo della nozione di Aion (Eternità), è analizzata secondo due vie che Festugière distingue come mistica per estroversione e mistica per introversione. Il volume, in questa edizione italiana, è completato da una postfazione del traduttore Moreno Neri.
La fase storica successiva alla guerra fredda, prevalentemente definita “età della globalizzazione”, cominciava con la diffusa aspettativa di una affermazione del modello politico, economico e culturale occidentale a livello planetario, rispecchiata da un assetto di potenza unipolare a guida statunitense. A distanza di più di un trentennio, il bilancio storico del periodo smentisce totalmente quella previsione. L’aspirazione unipolarista si è infranta davanti al riemergere di conflitti etnico-nazionalistici, religiosi e di civiltà, ed è stata sostituita dalla realtà complessa di un mondo strutturalmente multipolare, in cui l’Occidente si è decisamente ridimensionato, ed è tornata in luce con forza la geopolitica.
Se Shakespeare non è mai stato in Italia, di che natura era il suo legame con Verona? Che volto avevano le più importanti città italiane e la città veneta ai tempi di Romeo e Giulietta, un’opera giovanile che tuttavia è diventata la più celebre e longeva tra le sue tragedie? Insieme ad Alessia Gazzola, cercheremo le origini di Romeo e Giulietta, a partire dalla tradizione novellistica italiana. Racconteremo com’è stata vista Verona da altri poeti e scrittori che vi passarono sulle tracce di Shakespeare (Heinrich Heine, Charles Dickens e Lord Byron), parleremo di com’è Verona oggi e di come si rapporta alla sua reputazione di città dell’amore.
Gabriel Allon, spia leggendaria e raffi nato restauratore, ha lasciato i servizi segreti israeliani e si è trasferito a Venezia, l’unico luogo in cui si sente in pace con il mondo. Chiara, la sua bellissima moglie, si occupa della Tiepolo Restauri, i loro due fi gli frequentano una scuola elementare del quartiere, e lui trascorre le giornate passeggiando tra calli e vicoli della città, deciso a lasciarsi alle spalle una volta per tutte i demoni del suo tragico e violento passato. Ma quando una vecchia conoscenza, l’eccentrico commerciante d’arte londinese Julian Isherwood, gli chiede di indagare sulle oscure circostanze che hanno portato alla riscoperta di un antico dipinto che poi è stato venduto per una cifra astronomica, Allon finisce per ritrovarsi coinvolto in un mortale gioco del gatto e del topo in cui nulla è ciò che sembra. Ben presto scopre che l’opera in questione, il ritratto di una donna non identificata attribuito al fiammingo Antoon van Dyck, è quasi certamente un falso eseguito con diabolica maestria. Per trovare la persona che l’ha dipinto, e portare alla luce una frode multimilionaria ai vertici del mondo dell’arte, l’ex spia mette in scena uno degli inganni più elaborati di tutta la sua carriera. Per riuscirci, però, deve trasformarsi nell’immagine speculare dell’uomo che sta cercando: il più grande falsario che il mondo abbia mai conosciuto.
Nell’India del XIV secolo, dopo una sanguinosa battaglia tra due regni ormai dimenticati, una bambina di nove anni ha un incontro divino che cambierà il corso della storia. La giovanissima Pampa Kampana, distrutta dal dolore per la morte della madre, diventa un tramite per la dea sua omonima, che non solo inizia a parlare attraverso la sua bocca, ma le accorda enormi poteri e le rivela che sarà determinante per la nascita di una grande città chiamata Bisnaga (letteralmente “città della vittoria”). Nei 250 anni successivi, la vita di Pampa Kampana si intreccia profondamente con quella di Bisnaga: dalla creazione resa possibile grazie a un sacchetto di semi magici alla tragica rovina provocata dall’arroganza dei potenti. E sarà proprio il racconto sussurrato a mezza voce dalla nostra eroina a dar vita, via via, a Bisnaga e ai suoi cittadini, nel tentativo di portare a termine il compito che la dea le ha assegnato: garantire alle donne un potere paritario in un mondo patriarcale. Ma tutte le storie hanno un modo per rendersi indipendenti dal loro creatore, e Bisnaga non farà eccezione. Con il passare degli anni, con l’avvicendarsi dei governanti, delle battaglie vinte e di quelle perse, il tessuto stesso di Bisnaga diventa un arazzo sempre più complesso, al centro del quale resta però comunque la nostra eroina.
Galeano, Val di Bisenzio, 1920 . È passato solo un anno da quando la giovane Leticia Parker ha lasciato la tenuta di famiglia a Meretto, ma da allora sembra trascorsa una vita: ormai è diventata una donna, indipendente e ambiziosa, appassionata di archeologia e incline ai fermenti culturali fiorentini. Primo Gualtieri, il giardiniere della villa, non ha mai smesso di pensare a lei e, quando i due si ritrovano, tutto sembra essere uguale a prima. Davanti ai loro occhi, estate dopo estate, scorrono le proteste e i grandi cambiamenti che attraversano l’Italia, tra violenza, odio e passione: il temuto segreto del rampollo di famiglia, Theodore Oswald Parker, l’amicizia con il giovane archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli e con Matilde Castelfranco, e poi i matrimoni, i figli, i crimini dello squadrismo fascista, la visita di Hitler a Firenze. Echi nient’affatto lontani che si riverberano fino al 1993, quando Julia Patel lascerà Oxford per tornare a Meretto, sulle tracce della storia della nonna e della sua famiglia. Qui, grazie a Fosco, il nipote di Primo, e a un manoscritto di cui non conosceva l’esistenza, si troverà a fare i conti con un passato lontano e oscuro, nel tentativo di dare una risposta al dramma che colpì la valle tanti anni prima: che fine ha fatto la piccola Virginia?
All’indomani dell’attacco russo all’Ucraina le grandi potenze del mondo occidentale si sono svegliate in stato confusionale, con l’amara consapevolezza di non essere state in grado di leggere la svolta epocale che si stava approntando, i cui segnali – con il senno di poi – erano manifesti. Tutti sbigottiti tranne una piccola regione d’Europa, ininfluente e trascurata, ma che, come i fratelli minori nelle fiabe, aveva saputo ascoltare i discorsi dei grandi. I tre cosiddetti «paesi baltici» hanno da poco festeggiato tre decenni di ritrovata indipendenza, assaporandola senza mai dimenticare da chi si sono emancipati, non solo a causa delle frontiere esterne ma per un confine interno che in maniera diversa mina tutti e tre: quello tra le popolazioni autoctone e i russofoni, minoranza in larga parte emarginata e tagliata fuori dalla vita civile, e per questo imprevedibile. Con accenti diversi Estonia, Lettonia e Lituania sono accomunate da uno sforzo per essere considerate europee, cosmopolite, occidentali, perché le si associ a tutto meno che alla Russia. Ognuna cerca di sottolineare la propria specificità attraverso politiche e pratiche culturali volte a rafforzarne l’identità peculiare (lotta comprensibile se si tiene conto che – come nel presente volume – è diffusissima la tendenza ad accorparle): dallo zelo dei lituani nello studio della loro lingua e nella stesura di un vocabolario durata un secolo, alla vivacità dei cori lettoni che tra le altre cose attingono a un repertorio di un milione di dainas, agli estoni un po’ troppo affezionati a una visione romantica che li vorrebbe come un popolo ugrofinnico dei boschi. Viste dalla vecchia Europa, alcune di queste manifestazioni possono sembrare folcloristiche e in non pochi casi anche eccessivamente nazionalistiche, ma bisogna tenere conto che qui la storia è sempre recente, il passato vivo. Basta togliere gli occhiali novecenteschi per riscoprire il Baltico come collegamento tra mondi e non come muro tra blocchi, per coglierne il secolare ruolo di porta tra cultura germanica, Svezia, Finlandia e i vasti territori dell’Est. È in questo connubio tra una riscoperta continua delle proprie radici e una forte spinta verso il futuro che i paesi baltici possono essere un esempio per un continente in equilibrio precario tra grandi ideali, paure e crisi d’identità.
Solo pochissimi stranieri poterono vedere e ammirare qualche squarcio di quella fantastica “Città Ideale” ritenuta dai cinesi “il riflesso del Cielo”, ovvero Pechino nel XVIII secolo. Adriano Màdaro si è immedesimato nel ruolo di un viaggiatore che segretamente visita la Capitale Celeste del Settecento, all’epoca del suo massimo splendore sotto il regno di Qianlong (1735-1796). E dopo oltre un ventennio di rigorose ricerche ci propone una dettagliata ricostruzione della vita all’interno dei “quattro quadrati”: dalla Città Proibita alla Città Imperiale, la Città Cinese e tutto ciò che stava oltre le imponenti mura tartare.
I Cooper e gli Edgelow abitano da generazioni a Collina dei Venti, ma tra le due famiglie non corre buon sangue. Una faida le divide da alcune generazioni e nessuno ha intenzione di archiviare i vecchi rancori. Le cose tuttavia si complicano quando un’estate il nipote di Elizabeth Cooper, Romney, si innamora della splendida Dorcas, nipote del vecchio Jim Edgelow. Una loro unione sembra impossibile per molte ragioni, non ultimo il fatto che lui è uno scrittore squattrinato. I pettegolezzi hanno poi il loro peso nel complicare le cose tra i due giovani. Ma… Apparsa per la prima volta sul settimanale newyorkese «Love Story Magazine» nel marzo del 1923 e riscoperta solo di recente, “Collina dei venti” è una tradizionale love story, che però viene trattata dalla Montgomery con il consueto humour che contraddistingue la sua scrittura. A distanza di cento anni dalla sua prima pubblicazione, si rivela una scoperta piacevole e divertente che non deluderà gli appassionati lettori della scrittrice canadese.
La storia avvincente della preistoria umana, dalle nostre origini africane alle spettacolari civiltà e città preindustriali del passato. I vari capitoli raccontano le origini della specie umana, l’ascesa e la caduta delle civiltà e gli effetti devastanti di lunghe siccità su molte di esse. Il capitolo conclusivo pone una domanda: perché la preistoria mondiale è importante nel mondo moderno? Cosa ci dice di noi stessi?
Tra i Celti, il druido era una figura fondamentale e multiforme: un religioso custode delle chiavi della Pienezza; un saggio detentore della Conoscenza; un guaritore; un farmacista e aromaterapeuta; ma anche un mago che, attingendo alle energie sepolte dell’universo, poteva proteggere il suo popolo o, con le sue maledizioni, fermare il nemico. In questo testo, gli autori ci accompagnano in un viaggio iniziatico lungo le coste selvagge delle terre celtiche che hanno alimentato il druidismo, alla ricerca dei luoghi di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, della forza della natura e in particolare degli alberi, del mistero emanato dai santuari dove le pietre erette collegano la Terra al Cielo, degli ogham (alfabeto degli alberi), del calderone magico… Il lettore viene accompagnato verso una forma antica di spiritualità basata sull’ascolto degli altri e soprattutto della natura.
Giuda Iscariota è una tra le figure più note e meno amate del Nuovo Testamento, e forse dell’intera Bibbia. Il suo tradimento e il suicidio lo pongono in una posizione a sé all’interno della vicenda umana di Cristo ma al contempo, forse paradossalmente, lo hanno reso un protagonista dell’immaginario collettivo nel corso dei secoli. A differenza degli altri apostoli, infatti, Giuda non è stato dimenticato: l’arte, la letteratura, il cinema e persino la pubblicità lo hanno ritratto ricorrendo spesso a caratteri stereotipati che ne hanno sottolineato la malvagità. Ma l’Iscariota era davvero un uomo perverso, un figlio del demonio, invidioso e materialista, che non seppe capire l’autentico valore del Messia? Si è ipotizzato fosse uno zelota, o addirittura un agente segreto al soldo del Sinedrio… forse un parente di Caifa, per alcuni addirittura un parente di Gesù. Decise di togliersi la vita dopo aver rinnegato e, per quel gesto estremo, la Storia non ha mai smesso di rimproverarlo: ma fu realmente un atto spontaneo? O forse fu un omicidio mascherato da fatalità? C’era infatti più di una persona che poteva volerlo morto…
Qual è la storia e lo scopo della sociologia? In che modo intendiamo la società e «il sociale»? Qual è lo stato del mondo in cui viviamo? Come analizziamo la sofferenza e le disuguaglianze? Quali sono i metodi e gli strumenti chiave per fare ricerca sociologica? L’avvento del digitale ha rimodellato la disciplina e il suo metodo? La sociologia ha dei valori? E qual è il suo ruolo nel creare un mondo migliore? In che modo la sociologia può aiutarci a comprendere i cambiamenti portati dal Covid-19? Nel trovare risposta a tutte queste domande e grazie a esercizi per stimolare il pensiero sociologico e suggerimenti per ulteriori letture, il libro costituisce un’introduzione esemplare a un campo di enorme rilevanza storica e sociale. Ken Plummer intreccia discussioni sul cambiamento personale, politico e sociale con concetti ed esempi di grande attualità per incoraggiare il lettore a pensare in modo critico alle strutture, ai significati, alle storie e alle culture del mondo in rapida evoluzione nel quale viviamo. Una lettura essenziale per tutti coloro che studiano la materia e per chi è interessato a come funziona la realtà contemporanea.
Tutti lo sanno: Antoine de Saint-Exupéry ha scritto Il piccolo principe , uno dei romanzi più popolari del mondo. Quello che tutti non sanno è che Antoine, famigliarmente Tonio, è un personaggio che vale da solo una grande storia. Ed è la storia che Romana Petri ha scritto con la febbre e la furia di chi si lascia catturare da un carattere e lo fa suo, anzi lo ruba, tanto che il documento prende più che spesso la forma dell’immaginazione. Orfano di padre, Tonio vive un’infanzia felice nel castello di Saint-Maurice-de-Rémens, amato, celebrato, avviluppato al mostruoso quasi ossessivo amore per la madre; un’infanzia che gli resta incollata all’anima per tutta la vita, fin da quando, straziato, vede morire il fratello più giovane. L’infanzia lo tallona come un destino quando, esaltato, comincia a volare, pilota civile e pilota militare, quando si innamora tanto e tante volte, quando si trasferisce in America, quando scrive, persino quando si schiera e sceglie di combattere per un’idea di Francia che forse è sua e solo sua. Dove sia andato Tonio, non sappiamo, nei cieli in fiamme del 1944. Sappiamo che ci ha lasciato le stelle della notte, il sogno di una meraviglia che non si è mai consumata, il bambino che lui ci invita a riconoscere eterno dentro di noi.
«E noi, che cosa stiamo diventando? E io, cosa sono diventato?» si chiede Paolo Nori. E la risposta viene da una lontananza che in verità brucia distanze e porta con sé, come fosse turbine di visioni, di fatti, di sentimenti, e naturalmente di poesia, la vita di Anna Achmatova. «Vogliamo raccontare» dice Nori «la storia di Anna Achmatova, una poetessa russa nata nei pressi di Odessa nel 1889 e morta a Mosca nel 1966. Anche se Anna Achmatova voleva essere chiamata poeta, non poetessa, e non si chiamava, in realtà, Achmatova, si chiamava Gorenko; quando suo padre, un ufficiale della Marina russa, seppe che la figlia scriveva delle poesie, le disse “Non mischiare il nostro cognome con queste faccende disonorevoli”. Allora lei, invece di smettere di scrivere versi, pensò bene di cambiar cognome. E prese il cognome di una sua antenata da parte di madre, una principessa tartara: Achmatova.» Anna era una donna forte, una donna che, «con la sola inclinazione del capo – come ebbe a dire Iosif Brodskij, suo amico e futuro premio Nobel – ti trasformava in homo sapiens». “Suora e prostituta” per i critici sovietici, esclusa dall’Unione degli scrittori, privata degli affetti più cari, diventata, durante la Seconda guerra mondiale, la voce più popolare della Russia sotto l’assedio nazista, indi rimessa al bando, sorvegliata, senza mezzi. Ha profuso ostinazione e fermezza. Ha patito come patiscono le anime che, anche quando cedono, non cedono. Non ha smesso di scrivere, anche quando la sua poesia si poteva soltanto passare di bocca in bocca. Ha saputo, alla fine della sua vita, essere quel che voleva diventare: la più grande poetessa, anzi, il più grande poeta russo dei suoi tempi. Dopo essere entrato in quella di Dostoevskij, Nori entra in un’altra vita incredibile , ma questa volta ci rendiamo conto che, nell’avvicinare Anna a noi come siamo diventati, e noi alla Russia come è diventata, ci troviamo di fronte a un’urgenza crudele, a una figura che ci guarda, ci riguarda, e ci tocca più forte dove siamo ancora umane creature.
La storia dei vichinghi affascina per la sua portata geografica. Norvegesi, danesi e svedesi uscirono dalle tenebre della storia nell’VIII secolo, infrangendosi come gelide ondate di burrasca sulle coste e i fiumi d’Europa. Con le loro lunghe navi ornate di teste di drago, orso o lupo sbarcarono in quelle che ora sono le moderne Inghilterra, Scozia, Irlanda, Francia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Italia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania. I suoi mercanti – spesso prima linea di avanzata e di spionaggio che apriva la strada alle incursioni dei guerrieri – discesero tra le steppe russe, navigando sui loro fiumi sconfinati, giungendo fino al Mar Nero, e da lì a Costantinopoli e in Medio Oriente. Coloni scandinavi fondarono i primi insediamenti umani in Islanda e in Groenlandia, e alcuni di loro sfidarono l’incognita dell’Oceano Atlantico fino al Vinland, in Canada. Guerrieri di sangue vichingo servirono nella guardia degli imperatori romani d’oriente, mentre altri fondarono possenti regni sulle isole britanniche, in Francia, in Russia e persino in Italia meridionale, lasciando un’impronta indelebile sulle vicende storiche e la cultura di quelle regioni. La loro furia in battaglia, unita alla fede in ancestrali divinità norrene e all’abitudine di saccheggiare monasteri indifesi, ne fece il terrore dei cronisti cristiani dell’epoca. Per quasi tre secoli, sembrò che la civiltà sarebbe collassata in seguito alla loro furia. Alla fine, però, anche la loro epopea ebbe termine, sconfitta e assimilata dalla Chiesa di Roma, che seppe imporsi sui re e i nobili di Scandinavia.
Cos’è un mostro? Quando nasce? Quali caratteristiche lo definiscono, e perché? Questa inchiesta nell’immaginario culturale e simbolico dell’Occidente, forgiato tra età di mezzo ed età moderna, si dipana nei percorsi del mito e della storia, apparentemente diversi tra loro ma che, per molti aspetti, si intrecciano e si sovrappongono. Da Melusina ai vampiri, dal Golem ai draghi, da Attila alla congiura dei lebbrosi, dai bambini selvaggi a Nicolas Eymerich, Massimo Centini ci porta al tempo in cui gli uomini più sensibilmente avvertivano i mostri camminare insieme a loro, nel crogiuolo del Medioevo, per indagare le figure, l’origine, le paure, i fatti sociali e le trasformazioni alla base di un immaginario fantastico che ancora oggi abita, in forme nuove ma non meno percettibili, il nostro paesaggio mentale.
Nella Ferrara ebraica, tra nebbia e segreti spaventosi, Girolamo Svampa è alle prese con un vero e proprio enigma. Tanto sconcertante da mettere a dura prova la sua formidabile razionalità. Anno Domini 1626. Uno spirito malvagio si aggira per l’ex capitale estense. Molti lo credono il malach ah-mavet, l’angelo della morte. Di sicuro è un assassino spietato, che profana i corpi delle vittime per compiere un rituale arcano. L’incarico di fermarlo è affidato all’inquisitore Girolamo Svampa, che il Sant’Uffizio, stanco della sua condotta ribelle, vuole allontanare da Roma. Giunto in città, il frate domenicano dovrà far luce su un mistero reso ancora più oscuro dagli apparenti legami con la qabbalah. Intanto, l’autore dei delitti continua a nascondersi nelle vie anguste del ghetto, autentico «serraglio» in cui è stata rinchiusa una comunità di millecinquecento persone tra sefarditi, aschenaziti e italkim. Ma non saranno solo gli omicidi a tenere occupato lo Svampa. Perché nella vicenda si inserirà anche Margherita Basile, ammaliante donna d’intrigo della corte papalina, e il suo intervento risulterà quanto mai decisivo. «Posata la lanterna, Solomon Cordovero s’inginocchiò davanti all’albero, affondò le dita nella terra e iniziò a scavare. Il pozzo delle anime, lo chiamava Ramak. Cordovero avrebbe dovuto aprire il pozzo delle anime e immergersi nelle sue acque più profonde. Abbandonarsi allo yihud e diventare un tutt’uno col respiro divino che attraversava il mondo dei vivi e quello dei defunti. Così pensava, diviso tra l’estasi mistica e il fetore della terra che gli saliva alle narici, quando, all’improvviso, la più crudele delle carezze gli corse lungo la schiena. Non un lamento gli uscì dalla bocca. Solo l’esclamazione atterrita di chi viene sopraffatto dall’inconoscibile. Perché prima del dolore, prima che le sue vertebre venissero snudate come semi di un frutto maturo, aveva avvertito la presenza del malach ah-mavet. L’angelo della morte».
La storia di Angrboda inizia come finisce la maggior parte dei racconti di streghe: con un rogo. Così Odino ha deciso di farla punire per non avergli rivelato il futuro. Da quel momento la strega Angrboda, ferita e impotente, vive raminga nella Foresta di Ferro, lontana da tutto. Qui, la trova Loki, dio dell’inganno, venuto per restituirle il cuore rimasto sulla pira; e presto l’iniziale diffidenza della donna si trasforma in una passione intramontabile, da cui nasceranno tre figli, tre creature uniche. Angrboda li cresce ai confini estremi del mondo, lontano dall’occhio onnisciente di Odino, cercando di costruire una tranquilla vita domestica. Ma una visione le mostra cose spaventose che attendono la sua famiglia, e tutti i Nove Mondi. E ora Angrboda deve scegliere: sottomettersi a un destino cui ha già assistito, o lottare per ridisegnare il futuro di coloro che ama e dell’universo intero?
Intelligente, libertina, ambiziosa, orgogliosa, vittima innocente e donna scandalosa, la figura di Anna Bolena, una delle protagoniste più famose della storia inglese, divenne celebre per essere stata colei che diede il via allo Scisma Anglicano, alla riforma della chiesa inglese e alla diffusione del protestantesimo, conseguendo il distacco definitivo dalla Chiesa cattolica. Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII e madre della grande Elisabetta I, fu condannata a morte per presunte infedeltà coniugali, incesto e pratica della stregoneria. All’alba del 19 maggio, vestita di un mantello di ermellino sopra un abito grigio di damasco, sale gli scalini del patibolo. Appare rassegnata, non protesta la propria innocenza, e pronuncia poche parole: “Sono qui per morire […] e mi congedo dal mondo. Pregate per me”. Un colpo di spada le tronca il capo, la sua testa cade sulla paglia e viene coperta da un drappo bianco, mentre i cannoni della Torre sparano per informare il mondo ‒ e il re, che non era presente ‒ della morte di colei che, fino a pochi giorni prima, era stata la regina d’Inghilterra.
Il pensiero di Carl Gustav Jung s’innalza alle vette più alte dello spirito ove albergano simbologie ermetiche e gli stadi ultimi del processo d’individuazione. Una risalita che in realtà è anche un precipitare negli abissi della mente. Jung diede molto spazio alla dimensione mitologica e religiosa, considerandola secondo un profilo fenomenologico. Aveva fatto propria la lezione di Husserl sull’intenzionalità di ogni atto psichico, inteso come autentico vissuto personale. Nonostante la laurea in medicina e la specializzazione in psichiatria, Jung si interessò ai fenomeni occulti e allo spiritismo, influenzato dalla famiglia materna. Lesse i libri di Johann Zöllner, un astrofisico, e del chimico William Crookes, entrambi studiosi di fenomeni spiritici. Durante gli anni universitari fu membro della confraternita di Zofingia in cui si distinse per le sue critiche alle scienze esatte. Fu affascinato dalle dottrine del medico veggente Justinus Kerner e del filosofo chiaroveggente Emanuel Swedenborg.
“La collana della regina” narra la storia dello scandalo della collana che coinvolse Maria Antonietta qualche anno prima dello scoppio della Rivoluzione, contribuendo a inimicarle le simpatie dei francesi. Ma, come ogni romanzo storico che si rispetti, Dumas aggiunge al vero una buona dose di verosimile. Verosimile è anche il personaggio di Maria Antonietta, ritratta dall’autore come una donna ingenua e innocente, circondata da nemici. In fondo, La collana della regina è una grande storia d’amore, che coinvolge personaggi reali e fittizi. Il tutto ambientato in una plumbea Parigi di fine inverno, fra cumuli di neve per le strade, i sentori della primavera e la percezione della catastrofe a venire, di cui si fa antesignano il conte di Cagliostro.
Se vi è piaciuto questo articolo ci vediamo a marzo con le novità del mese!!