È tra i più celebri vichinghi della storia, decantato nelle saghe nordiche e descritto come bellissimo e molto intelligente. Fu tra i primi a lasciare le coste scandinave per raggiungere le terre sconosciute oltre il mare del Nord e a compiere delle imprese straordinarie, immortalate da autori sconosciuti in alcuni dei più famosi poemi islandesi tra il XII e il XIII secolo.
Anche se la cinematografia lo ha fatto conoscere al mondo con la serie tv “Vikings”, il leggendario eroe ci è in molti aspetti ancora sconosciuto, le fonti su di lui non sono che frammenti e gli studiosi fanno fatica a comprendere il confine tra mito e realtà.
Ecco le tre cose che non sai ma che dovresti sapere…
L’immagine che abbiamo dei vichinghi è piuttosto chiara: capelli lunghi e arruffati, barba incolta, tuniche sporche e intrise di sangue, dotati esclusivamente di armi e pronti ad attaccare in qualsiasi momento.
Niente è più lontano dalla realtà. L’archeologia ha ormai sfatato questo tipo di iconografia portando alla luce reperti che confermano l’ipotesi di una popolazione strutturata, con tradizioni precise, con un forte richiamo verso il culto dei morti e uno spiccato senso di giustizia.
Le sembianze del bruto che combatte senza pietà appartengono a una certa idea che si è trasfigurata nel tempo, in verità la popolazione vichinga era molto attenta al proprio aspetto fisico. Uomini e donne si prendevano cura dei capelli, delle barbe e dei vestiti con parsimonia, creando addirittura un vero e proprio kit di strumenti, dediti esclusivamente alla bellezza.
Particolarmente famosi sono i pettini e pinzette in osso o in legno, ritrovati nei tumuli, che servivano sia per pettinarsi i capelli che per mantenere pulita e districata la barba. Gli stessi archeologi ammettono che probabilmente erano più avvezzi a fare il bagno e a mantenersi puliti degli anglosassoni e dei loro avversari in generale.
La barba era una caratteristica importante per un uomo del Nord, soprattutto per un aristocratico come Ragnar, e da sempre era accostata alla conoscenza e alla saggezza; gli antichi Dèi scandinavi la portavano e c’era, tra gli altri motivi, il tentativo dei Nordici di emulare l’aspetto del divino oltre che le imprese.
Per agevolare la battaglia si intrecciavano i capelli e la barba in comode capigliature, in modo che non risultassero d’impiccio durante i combattimenti; avere i capelli e la barba al vento poteva risultare scomodo e un ottimo bersaglio per i nemici.
La cultura vichinga, come altre presenti nell’alto medioevo, era caratterizzata dall’antichissima dicotomia libero/schiavo.
In virtù di questo, l’intera suddivisione gerarchica all’interno delle comunità si differenziava in base allo status sociale, definito attraverso il retaggio o la discendenza, oppure tramite degli oggetti, prerogativa solo di alcuni pochi privilegiati.
Le armi erano oggetti essenziali per un vichingo, servivano per razziare, per difendersi ma erano anche strumenti di lavoro, che diventavano armi da combattimento all’occorrenza, oppure risultavano tra i sopracitati privilegi, se forgiate con il miglior materiale e decorate finemente dal miglior incisore.
La famosa ascia vichinga, tanto amata dal pubblico cinematografico, in realtà non era l’arma prediletta, bensì solo i contadini o gli uomini di ceto basso la utilizzavano come prima arma di difesa, in quanto per lavorare ne dovevano possedere certamente una e, non potendo permettersi altro, faceva comodo per tutti gli usi.
Era la spada che faceva la differenza, lavorata con il ferro e incisa con rune propiziatorie, era ciò che distingueva il ceto aristocratico dagli altri. Era costoso fabbricare le spade e solo le persone influenti ne possedevano una, o di più, a seconda dell’importanza.
Tacito in “Germania” (98 d.C.) ci racconta che le popolazioni germaniche avevano anche lo scramasax, una piccola spada a lama corta che serviva proprio per identificare un uomo libero quando lo si incontrava. Veniva appesa in bella vista alla cintura in modo che tutti la potessero vedere e solo i ricchi (per i vichinghi voleva dire principalmente essere proprietari terrieri) potevano esibirla come trofeo e solo loro avevano il diritto di girare armati.
Nelle saghe nordiche le spade sono una componente importantissima nell’archetipico viaggio dell’eroe, spesso aveva un nome proprio e, a volte, anche poteri straordinari.
Purtroppo, non abbiamo notizie della mitica spada di Ragnar ma probabilmente lui non faceva eccezioni!
Quando si diventa una leggenda è difficile distinguere il vero dall’invenzione, ancora peggio se le fonti rimaste sono poche o per lo più sono dei frammenti contenuti in altri racconti, trascritti molto tempo dopo i fatti narrati.
Per quanto riguarda il nostro eroe il mistero s’infittisce, tant’è che gli studiosi sono propensi a credere che non fosse un solo uomo ad aver compiuto quelle avventure ma più individui, e che la tradizione abbia poi ricondotto il tutto ad un unico e mitico Re scandinavo.
Tra i tanti misteri c’è quello della sua provenienza, incerta quanto la data della sua nascita, c’è il numero delle sue mogli, che cambia a seconda delle fonti e quello dei suoi prodigiosi figli, uno stuolo di altrettanti eroi, in alcune saghe se ne contano sei ma in altre sono di più.
Ciò che più desta curiosità è la sua morte.
Più poemi parlano che morì per mano del Re Aelle II di Northumbria, il quale non riconoscendolo, lo uccise gettandolo in una fossa di serpenti, e poi spaventato per le conseguenze nefaste si ravvide, anche se non servì perché la vendetta dei figli gli fu fatale.
Altri raccontano che morì di malattia dopo l’assedio di Parigi avvenuto nell’845 d.C., oppure che morì nella capitale durante la battaglia e che raggiunse l’agognato Valhalla.
Purtroppo, il corpo non fu mai trovato e le iscrizioni runiche e i tumuli scoperti fino ad adesso non hanno dato risposte circa l’ubicazione della sua sepoltura.
Anche questo ahimè per il momento rimarrà un mistero…
Per saperne di più vi consiglio la lettura de “Saga di Ragnarr” a cura di Marcello Meli, casa editrice Iperborea e “Gesta dei re e degli eroi danesi” di Sassone Grammatico, Edizioni Res Gestae.