Lo studio dell’attuale direttore de L’Osservatore romano, Andrea Monda, ha come sottotitolo “L’imprevedibilità del bene” ed è proprio su questo che si concentra l’autore nel suggerire una interpretazione religiosa di matrice cristiana cattolica al libro per eccellenza di Tolkien, ovvero “Il signore degli Anelli”. Attraverso questa chiave di lettura, Monda analizza le vicende principali del romanzo e i personaggi, dando uno spessore e un significato dal mio punto di vista piuttosto inediti. Uno degli aspetti che l’autore mette in risalto è il viaggio esperenziale, la crescita dei protagonisti che coincide in qualche modo con una evoluzione spirituale, un messaggio che arriva diritto al cuore di chi lo legge. Altro tema che emerge tra le pagine del testo è Amicizia, la parola chiave che monda considera decisiva per comprendere il romanzo, la letteratura in generale e la vita. Nonostante nel suo capolavoro Tolkien non faccia riferimenti espliciti alla sua religione di appartenenza, addirittura non si faccia proprio riferimento a nessuna religione, infatti la Terra di Mezzo sembra un mondo privo della dimensione religiosa, per Monda bisogna leggere tra le righe, e quei valori fondamentali che il Cattolicesimo esprime sono evidenti, come la misericordia, la provvidenza, l’alleanza, l’umiltà, e il coraggio. Per quanto ci si ritrovi immersi in un universo che pare appartenere alla cultura nordica di origine pagana suffragata dalla presenza di elfi, orchi, draghi, anelli magici, nani e tanto altro, il modo di vedere il bene e il male, nella suo assoluto dualismo, è tipico di una visione religiosa precisa che poco ha che vedere con il paganesimo europeo.
Brano tratto dal testo che cita una lettera di Tolkien in risposta a un lettrice nel 1956:
“Se lei rilegge tutti i passaggi che trattano di Frodo e dell’anello, penso che vedrà che non solo era assolutamente impossibile per lui cede l’anello, di fatto o in teoria, specialmente nel momento del suo massimo potere, ma che il fallimento era adombrato da molto tempo. (…) Frodo ha fallito. E’ probabile che una volta che l’anello è stato distrutto lui ricordi molto poco di quell’ultima scena, ma è necessario affrontare il dato di fatto: al potere del male nel mondo le creature incarnate, per quanto buone, non possono resistere fino alla fine e chi ha scritto la Storia non è uno di noi.”
A mio parere, la forza e la bellezza de “Il Signore degli Anelli” sta proprio nella commistione tra culture diverse, l’equilibrio che Tolkien ha ottenuto tra gli archetipi del mondo pagano e del mondo cristiano ha reso immortale le sue parole, le ha rese comprensibili, riconoscibili e profondamente coinvolgenti e quando Monda sottolinea quei valori universali fa bene a farlo, tuttavia anche il paganesimo si basa sugli stessi legami, vincoli e principi, che appartengono all’umanità e non a una religione soltanto. È questo che rende il romanzo così pervasivo, efficace, indimenticabile, l’intreccio fa la differenza.
Tolkien inizia a scrivere negli anni Quaranta e il romanzo viene pubblicato per la prima volta nel 1953. L’autore intuisce genialmente che il mondo successivo alla Seconda Guerra mondiale non sarà necessariamente migliore di quello dominato dal nazismo, dal comunismo e dalle tragedie della prima metà del Novecento. L’autore sa bene che il signore della storia e il principe di questo mondo sono oltre quello che noi vediamo, gli epifenomeni, la guerra. Non la sminuisce, avendo combattuto nella Prima Guerra mondiale, e con due figli impegnati nel secondo conflitti, però si rende conto che dopo avrebbe dominato al pax americana anziché la pax augustea.
Da filologo, inglese e orgoglioso di esserlo, è turbato dal fatto che tutto il mondo diventi anglofono, una sorta di provincia americana. Tolkien vuole salvare il particolare, spera nella “maledizione di Babele”, nell’incomprensione linguistica che però salva peculiarità e pluralità.
Lo studio di Monda è assai interessante, anche se è molto lontano dalla mia visione e dal mio modo di pensare, ritengo che ci siano molti spunti di riflessione e su alcune argomentazioni non posso dargli torto. E’ bene leggere anche tesi che divergono dalle proprie idee per avere un quadro più generale, soprattutto quando si tratta di studiare autori dalla personalità così complessa come quella di Tolkien. Leggere e interpretare uno scrittore di questo calibro attraverso un unico pensiero non fa bene alla letteratura tantomeno a noi.