La storia di questo celebre poema epico-romanzesco della letteratura persiana è più che mai interessante. Scritto da Fakhr al-Din Gorgani tra il 1054 e il 1055, poeta alla corte del sultano selgiuchide Abu Nasr Mansur ebn Mohammad Kondori Jarrahi, ha perso fama rapidamente nella sua terra natia; gli studiosi attribuiscono questo fatto al suo non essersi conformato al clima sociale dell’epoca e all’aver dimostrato una certa audacia nel proporre un triangolo amoroso in cui è la donna ad avere due uomini e non il contrario. Allo stesso tempo però farà da modello per poemi successi di altre culture, ci dice Pierre Gallais in “Genèse du roman occidental. Essai sur Tristan et Iseut et son modèle persan” (1974), come le versioni antico-francesi di “Tristano e Isotta” di Thomas e Béroul, che porteranno lentamente a un nuovo riconoscimento e nuove traduzioni.
“Nella trama della scrittura del romanzo si alternano, soprattutto attraverso la vice di Vis, grida di passione, sogni, promesse, recriminazioni. La passione è qualcosa di irresistibile – e si affollano suggestivamente, nella rievocazione, immagini della natura e del mondo animale – è il segno di un destino…”
La ricercatrice Nahid Norozi che ha curato la traduzione, sostiene che Gorgani ha di fatto inventato il romanzo persiano:
“…conferendo consistenza psicologica e credibilità alla presentazione dei suoi personaggi, trattando con sapienza e sensibilità non comuni le debolezze, i fallimenti, le gioie piccole e grandi, sentimenti frivoli o profondi dell’animo umano, offrendoci in definitiva delle figure complete, umane e credibilissime e ritratte a tutto tondo.”
Vis sposata all’anziano re Mobad, si innamora del principe Rāmin, che a sua volta si innamora di Gol diventando su moglie. Vis cerca di riconquistare l’amante umiliandosi oltre ogni limite ma questi la rifiuta con disdegno. Le Dieci Lettere sono appunto il tentativo della protagonista di riavere ciò che crede suo alternando una struggente malinconia alla disperazione, e riuscendo pure nel suo intento, ma al momento del ritorno di Rāmin sarà lei a rifiutarlo, in un gioco delle parti in cui si mostrano con intensità attrazione e conflitto. L’amore di Vis è “demoniaco” e tutto il poema è intriso di magia, sortilegi e demoni della dissolutezza, proprio perché questo rapporto proibito come un incantesimo.
Un aspetto interessante e che probabilmente ha decretato la sua sfortuna iniziale è che, per stessa ammissione dello stesso autore, la storia proviene da antiche narrazione pre-islamiche, che garantivano agli autori maggiore libertà di espressione per quanto riguarda certi ideali di condotta, dove relazioni scandalose e situazioni piccanti non andavano in contrasto con l’ethos islamico.
Perché questa edizione è la prima traduzione italiana del famoso epistolario in versi, e costituisce un interessante trattato che mette in evidenza il modo di pensare sul concetto di amore e sui rituali cortesi in Persia in epoca medievale.
N.B.: Alcune riflessioni e le citazioni dell’articolo le trovate nella Prefazione e nella Introduzione al testo edito da Carocci.
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